Il mio post precedente dal titolo Si può celebrare la messa con l’iPad? ha suscitato un dibattito interessante del quale sono grato. E’ stato ripreso in più lingue e ha permesso un confronto (ancora tutto da sviluppare, a mio avviso) interessante. Offro qui di seguito (e senza un odine preciso) alcuni link nel quale è possibile il dibattito…
Tag: liturgia
Si può celebrare la messa con l’iPad?


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In memoria di me: dal lifestreaming al museo della vita
Come tutti ben sappiamo ormai la Rete tiene traccia e memoria di noi. Le foto taggate, geolocalizzate, collocate nel tempo esatto in cui sono state condivise sono l’album fotografico live della nostra vita. Così i nostri tweets o gli updates dello stato su Facebook e i post dei nostri blog tengono traccia dei nostri pensieri ma anche dei nostri stati emotivi. Le librerie on line e gli altri negozi tengono traccia dei nostri gusti, delle nostre scelte, dei nostri acquisti e a volte anche dei commenti. I video su YouTube costruiscono per frammenti il film della nostra vita fatto dai nostri video e da quelli che gradiamo. Infatti lo streaming della nostra vita non è fatto solo di ciò che immettiamo in Rete ma anche di ciò che “gradiamo”, da ciò che ci piace e che segnaliamo agli altri anche grazie al famoso pulsante “Like”.
Di tutto c’è traccia per gli altri che ci seguono: i nostri followers, i nostri friends… ma, in realtà, c’è anche traccia per noi stessi. In fondo, se in Rete c’è la nostra memoria fatta di parole, immagini, suoni… anche noi possiamo accedere a questo streaming non solamente mentre lo viviamo, ma anche come un “deposito”, come una cosa in sé, un insieme significativo, un… “museo”. Già tempo fa avevo cominciato ad usare una applicazione per iPhone dal nome Momento. Essa tratta i nostri dati condivisi su Facebook e Twitter, Flickr e Last.fm disponendoli cronologicamente su un calendario: basta cliccare un giorno per vedere ciò che in quel giorno abbiamo condiviso: quali pensieri, quali immagini, quali suoni. E’ il nostro diario multimediale e condiviso.
Grazie alla Rete la dimensione diaristica si intreccia a quella museale. La nostra vita diventa qualcosa da “mostrare”, magari grazie ad album sofisticati e complessi in cui si intrecciamo immagini, parole e suoni, appunto. La nostra memoria sociale dunque è la nostra memoria personale che viene condivisa nei network sociali.
E allora ecco un fiorire di applicazioni che servono a musealizzare la nostra vita. Ecco Social Memories, una applicazione che raccoglie la nostra vita sociale in un album illustrato e ricco di dati, grafici, frasi. Ci dice qual è il nostro vocabolario, chi sono gli amici con cui dialoghiamo di più, le foto più popolari… e tutto viene stampato su carta e spedito a casa. Ed ecco però anche un esperimento più estremo: The Museum of me che trasforma la nostra vita sociale in un video che esplora un ambiente che è il museo della nostra vita. Le foto divento quadri, E così via… Ma ecco ance i servizi simili di Memolane e di The Hero. Il nostro passato diventa luogo di scoperta e navigazione. Ma anche luogo di esibizione (museale).
La vita oggi va condivisa, ma dunque anche archiviata, musealizzata, trasformata in uno show affascinante che rischia di cadere nell’egocentrismo spettacolare. Perché affidare ad una macchina il compito di raccontare una storia su se stessi? Può mai la prerogativa di essere narratori autentici di noi stessi essere affidata a una macchina a una automatizzazione? Il principio su cui si basa il processo è il fatto che l’intelligenza possa sostituirsi alla memoria e, in tal modo, di farlo senza valorizzare la connessione reale con la propria esistenza.
E ancora una domanda: affidando all’intelligenza artificiale la memoria allora non si rischia di far sì che la memoria diventi incapace di essere ritenuta attualizzante, così come avviene invece nella liturgia? L’evento ricordato nella liturgia è reso presente, e i suoi frutti resi disponibili per i partecipanti. Se l’evocazione della memoria è affidata a un automatismo random e sganciato da un legame effettivo e che non sia semplicemente statistico, allora il rischio che si corre è grave. Anche perché alla fine la vita assume il gusto (affascinante ma pericoloso) dello spettacolo.
Spirituality & Social Media
Liturgia digitale
All’inizio degli anni Settanta, Marshall McLuhan, parlando della cultura dei media, comprese che i cambiamenti imposti dalla trasformazione culturale avrebbero toccato anche la liturgia.
Oggi si nota facilmente come l’essere umano, anche quando agisce in Rete, esprime il desiderio di pregare, anche in forma liturgica.
Per questo sulla rivista La Civiltà Cattolica ho appena pubblicato un saggio che offre una riflessione a partire dal momento in cui un microfono è stato poggiato su un altare e che giunge al fatto che in internet si vanno aprendo spazi che si pongono come liturgici e si intendono aperti a forme di sacramenti.
Illustrando varie esperienze, cerco di affrontare il tema in maniera critica, individuando i nodi dell’argomento e facendo notare sia i rischi di riduzione «magica» sia i nuovi e interessanti scenari che si aprono: le nuove tecnologie hanno creato uno spazio di esperienza con il quale il culto cristiano è chiamato a confrontarsi.
Ecco i sette paragrafi e dunque le 7 questioni centrali della riflessione:
- Dal microfono sull’altare alla preghiera dell’avatar
- Ci sono sacramenti in internet?
- Il networking è esperienza di comunione?
- La liturgia e la sua «riproducibilità tecnica»
- L’evento liturgico: tra presenza virtuale e interfaccia grafica
- La logica dello schermo
- I problemi e le sfide: l’uomo in Rete desidera pregare
Antonio SPADARO S.I., «Liturgia e tecnologia», in La Civiltà Cattolica 2011 II 107-120.