Questo è il testo della mia presentazione della Lettera del cardinal Giuseppe Betori alla diocesi di Firenze tenutasi nell’Abbazia di San Miniato al Monte il 3 marzo 2012. Ecco la quarta e ultima delle 4 parti nel quale si è suddiviso il mio intervento. Ho postato la prima il 9 marzo, la seconda l’11 marzo e la terza il 13 marzo.
Se l’uomo non è familiare alla parola cavata dal silenzio così densa, peculiare, allora come fa ad avere le condizioni per ascoltare la «parola onnipotente» di cui il cardinal Betori parla nell’ultimo capitolo della sua lettera? Ecco il quarto elemento chiave di questa lettera: il silenzio è esperienza della Parola. Come fare esperienza (e non esperimento) del Vangelo? Come ascoltare la Parola che è il Figlio, la parola dell’Origine, radicalmente primigenia, quella che è all’origine di tutte le cose e al fondamento della loro rigenerazione? Come ascoltare il Vangelo?
Scrive ancora il cardinal Betori: «Nel racconto del profeta Elia troviamo enunciata la sostanza di una delle problematiche più vive per l’uomo d’oggi e di sempre: come cogliere il messaggio della parola, traendola dal caos del rumore? […] Non è difficile cogliere quanto importante sia trovare una soluzione a questo interrogativo, se non vogliamo che il Vangelo sia percepito come una voce tra le altre, parte del chiasso diffuso, non diversa da una delle tante voci che chiedono la nostra attenzione e pretendono il nostro consenso».
Digitando quindi in un motore di ricerca la parola God oppure anche religion, spirituality, otteniamo liste di centinaia di milioni di pagine. Nella Rete si avverte una crescita di bisogno religioso che la «tradizione» sembra faccia fatica a soddisfare. L’uomo alla ricerca di Dio oggi avvia una navigazione. Quali sono le conseguenze? Si può cadere nell’illusione che il sacro o il religioso siano a portata di mouse. La Rete, proprio grazie al fatto che è in grado di contenere tutto, può essere facilmente paragonata a una sorta di grande supermarket del religioso. Ci si illude dunque che il sacro resti «a disposizione» di un «consumatore» nel momento del bisogno. Il vangelo appare solo come una notizia fra molte altre.
Il Vangelo, però, «non è un’informazione fra le altre — affermava nel 2002 l’allora card. Ratzinger —, una riga sulla tavola accanto ad altre», ma è «un messaggio di natura totalmente diversa dalle molte informazioni che ci sommergono giorno dopo giorno».
Continuava l’attuale Pontefice: «Se il Vangelo appare soltanto come una notizia fra molte, può forse essere scartato in favore di altri messaggi più importanti. Ma come fa la comunicazione, che noi chiamiamo Vangelo, a far capire che essa è appunto una forma totalmente altra di informazione – nel nostro uso linguistico, piuttosto una “performazione”, un processo vitale, per mezzo del quale soltanto lo strumento dell’esistenza può trovare il suo giusto tono?» .
La sfida che abbiamo davanti allora è seria, perché segna la demarcazione tra la fede come «merce» da vendere in maniera seduttiva e la fede come atto dell’intelligenza dell’uomo che, mosso da Dio, dà a Lui liberamente il proprio assenso. È dunque necessario oggi considerare che ci sono realtà capaci di sfuggire sempre e comunque alla logica del «motore di ricerca» e che la «googlizzazione» della fede è impossibile.
Fare esperienza (e non esperimento) del Vangelo dunque significa essere in grado di sapere ascoltare. Quando Dio si comunica nella parola della rivelazione cristiana comunica se stesso e la sua parola è in cerca di tutto l’uomo. Occorre dunque esercitare prontezza e capacità di percezione perché le parole non scivolino sulla superficie e non soffochino nell’indifferenza e si perdano fra le chiacchiere. Solamente così il Vangelo non finisce per diventare «una voce tra le altre, parte del chiasso diffuso», come scrive il Cardinale. Occorre dunque «nutrire questa parola del dovuto silenzio».
La figura che compendia l’equilibrio tra silenzio e parola come «ambiente» ed «ecosistema», luogo di esperienza, è l’immagine della Santissima Annunziata. Ciò che colpisce nel quadro infatti è l’incrociarsi dell’atteggiamento riverente dell’Angelo e delle parole di Maria, queste invece proiettate sullo sfondo della parete.
Avviavo questa mia riflessione con l’immagine delle orme bianche di un capriolo sulla neve: «lingua senza parole». Concludo con l’immagine dell’Annunziata: «lingua con parole». Le parole sono scomposte nelle loro lettere alfabetiche. Qui l’angelo tace e Maria parla. In quelle parole verso il silenzio dell’angelo forse ci siamo tutti noi, ci sono tutte le nostre parole.
Antonino Pileri Bruno says:
Caro p. Antonio, sono parole incisive e piene di senso….complimenti!
Antonio says:
E’proprio vero,le parole ci cercano e noi le cerchiamo con fame e sete,anche se sono nel caos totale.L’importante è aver preparato la propria terra con il sudore della fronte per prepararla alla semina.
Maria Grazia Tassano says:
Silenzio
Maria Grazia Tassano says:
Grazie di tutto!
Alberto Mancini says:
grazie…
Pietro Abate says:
Pensieri. parole, preghiera. Gesù Cristo ci sveglia prima dell'alba. E ci aiuta a trovare costantemente l'ordine delle priorità. Dal sonno alla coscienza. Superficiale. Profonda. Contemplattiva. Quotidiana esperienza di vita interiore ed esteriore. Per Amore la Realtà si fa sempre più bella. Nulla resta uguale dentro e intorno a noi. La sera porterà via il peso di vuote parole.
Maria Grazia Rubichini says:
bellissimo!
Fiorangela Danella says:
La ringrazio per la densità delle sue parole di commento alla lettera del card. Betore. Ho letto con grande interesse e attenzione il testo.
Un passaggio ha provocato in me una riflessione che desidero comunicare.
Leggo: “Il Vangelo non è un’informazione tra le altre”… e ancora:
“La sfida che abbiamo davanti allora è seria, perché segna la demarcazione tra la fede come «merce» da vendere in maniera seduttiva e la fede come atto dell’intelligenza dell’uomo che, mosso da Dio, dà a Lui liberamente il proprio assenso”.
Ma ci può essere un’altra possibilità che non banalizza il Vangelo, ma vuole “provocare per far riflettere”. I messaggi: manifesti, depliant, opuscoli,… dell’Associazione Informacristo di cui faccio parte sono collocati sulle strade, sui luoghi di passaggio e sulla rete e sono rivolti a quanti in chiesa non ci vanno. Vogliono semplicemente essere l’occasione per “catturare” anche se solo per un attimo, l’attenzione di chi, magari distrattamente, “nel chiasso diffuso” li vede.
Siamo quindi in un momento ancora lontano da quella interiorizzazione che richiede di “nutrire questa parola del dovuto silenzio”.
Tuttavia potrebbe essere per qualcuno (e di fatto lo è) l’inizio per un ripensamento e per una ricerca spirituale.
Sono profondamente convinta che la fede non si può “vendere come merce in maniera seduttiva”. Ma sono altrettanto convinta che si possa offrire all’uomo che passa sulle strade delle nostre città e naviga sulle piazze virtuali, una possibilità in più. Perché no?