Il 20 dicembre scorso ho letto su L’Osservatore Romano la seguente riflessione di Cristian Martini Grimaldi. Penso che oggi servano riflessioni si questo tipo, capaci di oltrepassare la lettura superficiale o tecnica dei gesti che compiamo nell’ambiente digitale, e di valutarli nella loro profondità. Il titolo già dice molto: Quanta voglia di eternità in un tweet! Il bisogno di parlare di se stessi in internet non è solo sintomo di narcisismo. Aggiungo solamente che nel luglio del 2010 su La Civiltà Cattolica e poi su questo blog affrontato il tema di twitter e la sapienza spirituale. La riflessione prosegue…

L’uomo ha bisogno di eternità e ogni altra speranza per lui è troppo breve, troppo limitata, ha detto il Papa rivolto ai capi di Stato e di Governo partecipanti al G20 di Cannes, ma sembra dar voce ai milioni di giovani (e non) che hanno trovato nell’uso delle piattaforme comunicative del web l’altare da cui con altri mezzi e altre parole rendere concreta la speranza di eternizzarsi attraverso un costante update delle loro esistenze.

Un vero e proprio atto di fede che crea l’illusione della “vita eterna” è infatti implicito proprio nell’utilizzo copioso degli strumenti di “eternizzazione dell’Io” quali i vari Facebook, Twitter e blog personali. L’io costantemente aggiornato su supporti effimeri ed eterei come quelli del web, vagabondo in un mondo virtuale, sembra la perfetta immagine di quell’anima che molti in preda ai conformismi omologanti della deriva secolarizzatrice misconoscono quando non addirittura sbeffeggiano come il frutto di pura e datata superstizione.

Invece queste anime moderne che si dannano per un barlume di spazio pubblico alla costante ricerca di attenzione e visibilità credono di seguire semplicemente lo spirito dei tempi declinato con narcisismo e autoreferenzialità.

Eppure in tutto questo auto-display non richiesto di biografie e privacy non si può non scorgere un disagio interiore nei confronti di una società che ha messo in sordina qualunque personale ricerca di verità ultraterrena, in ultimo la ricerca del connubio con Dio. Sono foto, post, video personalissimi ma non sono altro che scelte obbligate al fine di trascendere spazio e tempo ed eternizzare il proprio ricordo agli altri, perché il contesto culturale in cui sono cresciuti ha trascurato qualunque appetito di eternità e orizzonte di infinito e di ricerca spirituale. Questa comunità di fedeli virtuali va cercando questo orizzonte lì proprio dove invece pensa di negarlo, credendosi e sentendosi al passo con i tempi, tempi che tale ricerca di infinito hanno appunto apparentemente ripudiato.

Non si legge una diversa finalità di intenti tra le parole esplicite del Papa e quelle solo balbettate attraverso dichiarazioni simboliche (likes, uploads, foto messe in comune) da parte dei milioni di utenti dei vari social network del mondo. Sono tutti all’affannosa ricerca di un riconoscimento immediato che la loro esistenza così apparentemente minuscola, così superficialmente insignificante possa contare su una complicità comunitaria tale da renderla meno effimera.

Gli utenti traducono il loro desiderio di assoluto con i mezzi che la modernità mette loro a disposizione. Se un tempo ci si ritirava in comunità isolate in monasteri inaccessibili per sottrarsi al mondo e dedicarsi all’intimo connubio col Divino, massima aspirazione di eternità spirituale, oggi in milioni percorrono la stessa direzione solo con strumenti e attraverso canali differenti solo apparentemente a tutt’altro fine diretti.

È impossibile infatti non riconoscere in quei “a cosa stai pensando?“ negli “aggiorna stato”, “aggiorna foto”, “aggiorna video”, in quelle innumerevoli opzioni di costante registrazione e diffusione di stati d’animo, condivisione di umori, pensieri, “filosofeggiamenti” quotidiani, una fisiologica necessità di trovare nell’altro un testimone, una ragione, infine una legittimazione ultima alla propria esistenza, una giustificazione che vada oltre la mera e precaria presenza individuale, in ultimo un percorso di ricerca di un al di là che non sia più effimero e virtuale, ma eterno.

 

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