Come essere concisi senza cadere nel puro minimalismo quando si comunica via Twitter? Certamente è necessario valorizzare il tentativo di cogliere l’essenziale e di dirlo con parole precise. Maupassant scriveva: «Non c’è ferro che possa trafiggere il cuore con più forza di un punto messo al punto giusto». E gli farebbero eco i versi del grande poeta vittoriano William Blake, che in «Auguries of Innocence» invitava a «Vedere un mondo in un granello di sabbia, / e un cielo in un fiore selvaggio. / Chiudere l’infinito in un palmo di mano / e l’eternità in un’ora».

Ma è la sapienza della riflessione religiosa ad aver accompagnato per secoli l’uomo occidentale in questo suo bisogno di sapienza essenziale ed estremamente concisa. Se viste in tale prospettiva possiamo considerare, ad esempio, le antifone ai Salmi comecondensati essenziali di contenuti profondi che a volte neanche ampi trattati riescono a esaurire. E così anche le litanie e le giaculatorie che da sempre accompagnano la preghiera dei credenti. Pensiamo alla «Parola di vita» ideata da Chiara Lubich e a tutte le iniziative simili che periodicamente attingono un versetto evangelico per concentrare l’attenzione del cristiano su tutto il Vangelo, ma a partire da un punto preciso.

«Non è il molto sapere che sazia e soddisfa l’anima, ma il sentire e gustare le cose interiormente», scriveva sant’Ignazio di Loyola nei suoi Esercizi Spirituali (n. 2); ed è lo stesso santo a invitare a una preghiera capace di «contemplare il significato di ogni parola della preghiera» (n. 249).

Anzi, ancor meglio: è lo stesso Ignazio, in un tempo in cui la lettura diretta del testo biblico non era ordinaria, a esprimere in tre brevi punti, spesso di una frase soltanto, il senso di ampi episodi evangelici. Facciamo qualche esempio. Meditando sul ritorno di Gesù dalla fuga in Egitto con i suoi genitori (Mt 2,19-23) Ignazio scrive le tre frasi: «L’angelo dice a Giuseppe di ritornare in Israele: Alzati, prendi il bambino e sua madre e va’ nella terra di Israele»; «Alzatosi, tornò nella terra di Israele»; «Poiché nella Giudea regnava Archelao, figlio di Erode, si ritirò a Nazareth». Meditando invece su Giovanni 19,38-42: «Fu tolto dalla croce da Giuseppe e da Nicodemo, alla presenza della sua madre addolorata»; «Il corpo fu portato al sepolcro, fu unto e seppellito»; «Furono poste delle guardie».

Ignazio di Loyola scrive dunque una cinquantina di microracconti proprio sui Vangeli, offrendo a chi prega spunti perché ricostruisca personalmente la scena evangelica anche con l’aiuto dell’immaginazione.

La tradizione spirituale cristiana indica una strada affinché la comunicazione via Twitter non si esaurisca in una sorta di impoverimento della complessità umana. Questa strada consiste nel coniugare sapienza e precisione per cui l’espressione sintetica non va a detrimento della profondità e della lentezza dell’assimilazione, ma anzi fornisce l’aggancio per una meditazione più affilata e densa.

(riduzione da A. Spadaro, «Twitteratura». Messaggi brevi e sapienza essenziale, in La Civiltà Cattolica 2010 III 119-126)

  1. Daniele Bailo says:

    Caro Antonio, cerco di leggerti sempre (come non farlo, con tutti i tweet che mandi… eh eh … :-) dai sto scherzando).
    Alcuni commenti che volevo farti da tempo e che magari approfondiremo se avremo tempo di incontrarci:
    mi piace in generale l’aproccio positivo al web, internet e l’informatica. Come sai sono profondamente immerso nel settore, ed ho passato sulla mia pelle tutti i possibili mali che possono derivare del web, cercando di combatterli (una lotta quotidiana). Dai più gravi, cioè alienazione, perdita di contatto con la realtà, difficoltà di relazioni sociali reali, dipendenza da FB o twitter; a quelli apparentemente meno gravi, come ad esempio la perdita di significato dell’informazione, la difficoltà di districarsi dalla mole di dati da cui veniamo quotidianamente inondati.
    Questo articolo mi fa pensare soprattutto a quest’ultimo punto: il web, i tweet, i messaggi su FB… sono tonnellate di informazioni che dobbiamo quotidianamente scremare, selezionare, e poi eventualmente ruminare e approfondire. Tuttavia in molte situazioni credo che questa pratica di selezione ci stia abituando ad una minore profondità.
    Ogni volta che leggo i tuoi post traggo qualche conclusione edificante.
    Forse sarebbe bello, e qui lancio un’idea, creare una sorta di vademecum di atteggiamenti virtuosi. Non un libro, non approfondimenti, ma una serie di ‘best practices’ per l’anima di chi naviga su internet ed usa il web.
    In fondo, sebbene la nostra vita spirituale si nutra di concetti, parole, sentimenti profondi, che vanno alle radici di ciò che siamo, poi per viverla nella vita quotidiana dobbiamo “sporcarci le mani” con azioni pratiche che permettono la vita spirituale. Ad esempio spegnere il pc un’ora prima. Oppure (sparo esempi di atteggiamenti che mi sono venuti in mente in questi anni) selezionare chi seguire su facebook, o aprirlo solo una volta al giorno. Oppure, come suggerisci, sforzarsi di condensare su twitter il senso di quanto vogliamo dire.
    Se il web è un luogo di vita, allora credo ci sia anche un’etica di questo luogo di vita, che per quanto mi riguarda sarebbe bene mettere a fuoco. Sempre con libertà, buon senso, amore. Una lista “talebana” di atteggiamenti buoni e cattivi non servirebbe a nessuno.
    Tantomeno alla nostra anima.
    Ciao Antonio, a presto.
    D

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