Abbiamo festeggiato quest’anno gli 80 anni della Radio Vaticana. Una cosa che sembra balzare evidente in questa storia è l’atteggiamento del papa Pio XI nel momento in cui firma i Patti Lateranensi l’11 febbraio del ’29. Ben poco a questo Papa interessava il territorio vero e proprio. La Città del Vaticano è grande 0,44 km quadrati. Il motivo per averlo era semplice e lo esplicitò lo stesso 11 febbraio in un discorso ai parroci di Roma dicendo che la sovranità territoriale era necessaria «non conoscendosi nel mondo, almeno fino ad oggi, altra forma di sovranità vera e propria se non appunto territoriale». Se ce ne fosse stata un’altra credo che l’avrebbe scelta.

Ciò che però il Papa desiderava davvero era la ferrovia e la Radio. Soprattutto la Radio, comprendo che il territorio della Chiesa è il mondo e che solo i media potenti e globali – allora la Radio – avrebbero dato la vera «sovranità» alla Chiesa. E per questo chiamò Marconi, l’inventore. Lo Stato può essere anche piccolissimo, ma serve perché attraverso di esso è possibile avere una stazione e una radio indipendenti.

E’ necessario soprattutto prestare attenzione alle parole con le quali Pio XI benedisse gli strumenti della Radio. Eccole: benedic hanc machinarum seriem ad etheris undas ciendas ut apostolica verba cum longinquis etiam gentibus communicantes, in unam tecum familiam congregemur. E cioè: «Benedici questa serie di macchine che servono a trasmettere nelle onde dell’etere affinché comunicando le parole apostoliche anche ai popoli lontani siamo riuniti con te in un’unica famiglia». Che cosa si intuisce “dentro” queste parole? Che Pio XI aveva già in mente le comunità virtuali mediate dalla tecnologia… Infatti mentre poi il fascismo intenderà la Radio come l’espansione delle adunate di ascolto del duce, la Radio Vaticana pretende, diciamo così, di parlare al cuore, alle persone immaginando «un’unica famiglia», appunto. E dunque mettendo un medium globale a servizio delle relazioni e non della propaganda, cioè dei contenuti. In questa benedizione i contenuti sono finalizzati alla relazione. E questa oggi è la logica dei social networks che, comunicando contenuti, saldano relazioni. Pio XI, pensando alla radio aveva in mente un network sociale probabilmente perché considerava un modello di relazioni reali più che il modello del mero broadcasting radiofonico. E in questo modo ha, tra l’altro, indicato una strada per comprendere il senso di una radio ai nostri giorni..

Il 12 febbraio 1931, quindi, Pio XI lanciava il suo primo radiomessaggio Qui arcano Dei. Lo fece in latino perché, come ricorda il card. Confalonieri, «il latino era lingua universale della Chiesa». Dunque non un motivo formale, ma un motivo di universalità, di globalità. Si tratta di un messaggio bellissimo che si rivolge prima «a tutto il creato» (e innanzitutto alle cose!), poi «a Dio» (cioè: sta usando la radio per rivolgersi a Dio, per pregare!), poi «ai cattolici» e poi a tutti gli uomini per categorie… E così disse:

A tutto il Creato

«Essendo, per arcano disegno di Dio, Successori del Principe degli Apostoli, di coloro cioè la cui dottrina e predicazione per divino comando è destinata a tutte le genti e ad ogni creatura (Mt., 28, 19; Mc., 16, 15), e potendo pei primi valerci da questo luogo della mirabile invenzione marconiana, Ci rivolgiamo primieramente a tutte le cose e a tutti gli uomini, loro dicendo, qui e in seguito, con le parole stesse della Sacra Scrittura: «Udite, o cieli, quello che sto per dire, ascolti la terra le parole della mia bocca (Deut., 32, 1). Udite, o genti tutte, tendete l’orecchio, o voi tutti che abitate il globo, uniti in un medesimo intento, il ricco e il povero (Ps – XLVIII, 1) – Udite, o isole, ed ascoltate, o popoli lontani » (Is., 49, 1).

A Dio

E sia la Nostra prima parola: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà (Lc., 2, 14). Gloria a Dio, che diede ai nostri giorni tale potere agli uomini (Mt., 9, 8) da fare giungere le loro parole veramente sino ai confini della terra (Ps. XVIII, 5; Rom., 10, 18); e pace in terra, dove siamo i Rappresentanti di quel divino Redentore Gesù (2 Cor., 5, 20), che venendo annunziò la pace, la pace ai lontani e la pace ai vicini (Ef., 2, 17), pacificando nel Sangue della Sua Croce, sia le cose che stanno sulla terra, come quelle che sono nei cieli (Col., 1, 20).

E’ possibile leggere in messaggio per intero nel sito vatican.va

 

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