Siamo già abituati al fatto che la tecnologia ci permette di avere una visione potenziata della realtà che abbiamo sotto gli occhi. Certamente possiamo pensare ai binocoli, ai telescopi o ai microscopi, ma possiamo spingerci oltre pensando agli strumenti di diagnostica che permettono, come le ecografie, di vedere «dentro» il corpo superando le barriere fisiche della pelle. Oggi assistiamo ad un fenomeno nuovo che riguarda sempre la visione della realtà e le informazioni che ne ricaviamo, e che si può realizzare anche semplicemente avendo in mano un iPhone o uno smartphone Android dotato di fotocamera. Si tratta della cosiddetta «Realtà Aumentata» o AR che consiste nella sovrapposizione di livelli informativi (elementi virtuali e multimediali, dati geolocalizzati, ecc.) all’esperienza reale di tutti i giorni.

Concretamente occorre usare una applicazione di AR (quali Layar, NearestWiki, Robotvision, Accrosair, Blippar,..) e quindi orientare l’obiettivo in una direzione qualsiasi: sullo schermo del cellulare si vedrà l’immagine della realtà che cade sotto gli occhi, ma sopra di essa potranno essere visibili informazioni circa il luogo che stiamo vedendo, la sua storia, ma anche la presenza di negozi, informazioni stradali, e così via. In questo caso la vista sovrappone alla realtà «attuale» una realtà «aumentata» fatta di flussi di informazioni che mi aiutano a comprenderla meglio. Ripeto: non è una realtà che non esiste o finta, ma una realtà vista in maniera potenziata, arricchita di informazioni. Esistono, ad esempio, applicazioni che utilizzano le coordinate geografiche dei luoghi e degli oggetti notevoli (per esempio opere d’arte) descritti in Wikipedia per integrarli in applicazioni di AR.

Ecco la domanda: la luce che la fede offre alla vita qotidiana del credente può essere intesa analogicamente come una forma di «realtà aumentata»? E’ la fede a farmi discernere il corpo di Cristo nell’ostia sollevata dal sacerdote durante la celebrazione eucaristica e mi fornisce un’informazione ulteriore a ciò che i miei occhi già vedono. L’abitudine alla «realtà aumentata» avrà un influsso nel modo in cui verranno compresi, descritti e vissuti i sacramenti? La fede di certo non è solo una «informazione» né un «dispositivo» di informazione. E il sacramento è un segno visibile ed «efficiace» della grazia: non genera solamente informazione, dunque, ma «fa» quel che «dice». La sua natura di «segno efficace» teologicamente (e non psicologicamente, e anzi a prescindere dal livello psicologico in quanto attiva ex opere operato) è ciò che lo distingue radicalmente da ogni forma possibile di «realtà aumentata» mediata da uno schermo che visualizza informazioni che giungono dall’esterno.

E tuttavia l’abitudine alla Realtà Aumentata sta diventando già per alcuni una metafora contemporanea per dire il modo in cui l’uomo contemporaneo possa intendere la fede come modo per conoscere e vivere la propria esperienza ordinaria (la mia vita, la vita del mondo,…). L’ascolto della Parola di Dio per la Bibbia ha proprio questa funzione: basta rileggere il Salmo 119, 105: «Lampada per i miei passi è la tua parola», o il Deuteronomio che chiede di porre i precetti del Signore come «pendaglio tra gli occhi» (Dt. 6,8) per vedere la realtà in maniera «aumentata», appunto, dalla fede.

  1. raffaele ibba says:

    Certo che può farlo, ma perché recupera, con gradi di complicazione in più, l’antico sapere contadino e pastorale per cui “quel melograno” è di “tziu Bobbori” e da lì parte un sentiero che porta più rapidamente alle capre di mamma ‘ntonia e d’altra parte al melograno sono legate tutta una serie di storie familiari e non familiari, come sono legati temi di confine di carattere giuridico o semigiuridico …. etc etc.
    Solo nella cd cultura urbana questa ricchezza di temi s’è perduta.
    Inoltre mi sembra complesso da utilizzare ed è forse “più facile” fare altre cose … di ogni genere.
    Solo ogni racconto scambiato gratuitamente ed ogni condivisione di fatica e di gioia aiuta la fede perché nasce dalla fede.
    ciao
    r

  2. antoninor says:

    @raffaele ibba
    Premetto che faccio l’informatico di mestiere.
    “Solo ogni racconto scambiato gratuitamente ed ogni condivisione di fatica e di gioia aiuta la fede perché nasce dalla fede.”
    Assolutamente d’accordo con questa sua frase e il resto del suo commento.
    Ma mi chiedo se non possa avvenire anche tramite le nuove tecnologie: può il mezzo fermare l’intenzione? Se il telefono o la radio la possono trasmettere, perché non il web o gli smartphone?

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