Ripropongo qui il testo di mons. Claudio Maria Celli,  arcivescovo presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, pubblicato su L’Osservatore Romano il 20 settembre 2012, dal titolo: “La questione di Dio nel continente digitale dedicato al magistero pontificio e la sfida delle frontiere della nuova evangelizzazione.

L’Instrumentum laboris, redatto dalla segreteria generale del Sinodo dei vescovi in vista dei lavori della prossima assemblea generale ordinaria, dedica quattro paragrafi (59-62) al tema dei media nel contesto della nuova evangelizzazione, con un titolo assai significativo: «Le nuove frontiere dello scenario comunicativo». Il documento riconosce che l’attuale mondo della comunicazione «offre enormi possibilità e rappresenta una delle grandi sfide della Chiesa» (n. 59), che le «nuove tecnologie digitali hanno dato origine ad un vero e proprio nuovo spazio sociale, i cui legami sono in grado di influire nella società e sulla cultura» (n. 60) e che «dall’influsso che esercitano dipende la percezione di noi stessi, degli altri e del mondo» (n. 60).

Emerge, quindi, a tutto tondo, la consapevolezza che ci troviamo di fronte a una cultura — i recenti interventi del magistero pontificio parlano appunto di una «cultura digitale» — che è originata dalle nuove tecnologie comunicative e che essa sia una grande sfida per la comunità ecclesiale.

Poiché durante i lavori del sinodo cadrà il cinquantesimo anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II, mi sembra non solo interessante ma doveroso ritornare, prima di tutto, al documento fondante della riflessione ecclesiale sugli strumenti della comunicazione sociale, vale a dire il decreto conciliare Inter mirifica, approvato il 4 dicembre 1963.

I padri conciliari, prendendo atto che si tratta di «meravigliose invenzioni tecniche», che «più direttamente riguardano lo spirito dell’uomo e che hanno offerto nuove possibilità di comunicare, con massima facilità, ogni sorta di notizie, idee, insegnamenti» (n. 1), sono anche ampiamente consapevoli di avere a che fare con «strumenti che per loro natura sono in grado di raggiungere e muovere non solo i singoli, ma le stesse moltitudini e l’intera società umana» (n. 1) e che «contribuiscono efficacemente a sollevare e ad arricchire lo spirito, nonché a diffondere e a consolidare il Regno di Dio» (n. 2). In questa prospettiva, il decreto afferma che la Chiesa «ritiene suo dovere servirsi anche degli strumenti della comunicazione sociale per predicare l’annuncio di questa salvezza ed insegnare agli uomini il retto uso degli strumenti stessi» (n. 3).

Questa visione dei media come “strumenti” pervaderà negli anni seguenti il magistero, vale a dire l’istruzione pastorale sulle comunicazioni sociali Communio et progressio pubblicata dalla Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali, il 23 marzo 1971, l’istruzione pastorale Aetatis novae pubblicata dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali — questo è il suo nuovo nome — il 22 febbraio 1992, e i vari interventi del Papa Paolo VI. Sia sufficiente ricordare, a questo proposito, un significativo passaggio dell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi dove Paolo VI, riferendosi ai mezzi di comunicazione sociale, afferma che «posti al servizio del Vangelo, essi sono capaci di estendere quasi all’infinito il campo di ascolto della Parola di Dio, e fanno giungere la Buona Novella a milioni di persone» (n. 45).

Gran parte del mondo comunicativo cambierà radicalmente con la scoperta e l’ampia diffusione delle nuove tecnologie che, come sottolineano gli esperti, non saranno più solo uno strumento, ma diventano un vero e proprio ambiente di vita. Saranno i due ultimi Pontefici, il beato Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, a mettere in luce quanto è avvenuto nel campo della comunicazione e a percepire, con lucidità pastorale, le conseguenti sfide e opportunità per l’azione evangelizzatrice della Chiesa. Giovanni Paolo II, nella lettera apostolica Il rapido sviluppo (2005), rileva con chiarezza che «i mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari, sociali. Si tratta di un problema complesso, poiché tale cultura, prima ancora che dai contenuti, nasce dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con tecniche e linguaggi inediti» (n. 3).

Sulla stessa linea si pone il magistero di Benedetto XVI quando, nel Messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del 2009, scrive: «Sentitevi impegnati ad introdurre nella cultura di questo nuovo ambiente comunicativo ed informativo i valori su cui poggia la vostra vita!». E, riferendosi al delicato tema dei rapporti tra evangelizzazione e nuovi linguaggi, aggiunge: «nei primi tempi della Chiesa, gli Apostoli ed i loro discepoli hanno portato la Buona Novella di Gesù nel mondo greco romano: come allora l’evangelizzazione, per essere fruttuosa, richiese l’attenta comprensione della cultura e dei costumi di quei popoli pagani nell’intento di toccare le menti e i cuori, così ora l’annuncio di Cristo nel mondo delle nuove tecnologie suppone una loro approfondita conoscenza per un conseguente adeguato utilizzo».

Questi testi del magistero, or ora citati, aiutano a comprendere che la missione evangelizzatrice non può trovare la sua piena realizzazione nella sola capacità tecnologica-comunicativa, anche la più moderna e sofisticata.

Anche oggi, credo, siano necessarie audacia e saggezza nel nostro ministero pastorale per trovare altre vie e capacità di usare nuovi linguaggi per evangelizzare in un contesto dove l’uomo è sommerso da messaggi o da non poche risposte a domande che non si era neanche posto. La tensione nella ricerca della verità, che costituisce la più autentica dimensione della dignità dell’uomo, deve farsi spazio in una molteplicità di informazioni, che assalgono l’uomo odierno nel suo cammino esistenziale. Si tratta anche della ricerca, a volte sofferta, di Dio e come ricordava Benedetto XVI: «Come primo passo dell’evangelizzazione dobbiamo cercare di tenere desta tale ricerca; dobbiamo preoccuparci che l’uomo non accantoni la questione su Dio come questione essenziale della sua esistenza. Preoccuparci perché egli accetti tale questione e la nostalgia che in essa si nasconde» (Discorso alla Curia Romana, 21 dicembre 2009). In questo campo giocano un ruolo particolare le nuove tecnologie comunicative che danno origine a una vera e propria cultura, favorendo anche il configurarsi di una società caratterizzata dal fenomeno della globalizzazione. Giacché la fede prevede un incontro personale con Gesù Cristo, l’azione evangelizzatrice dovrà prestare una attenzione speciale alla concreta e singolare situazione del destinatario dell’annuncio, nel rispetto dell’assoluto primato del rapporto con la persona. Che linguaggio usare perché Gesù Cristo sia annunciato all’uomo di oggi e possa così interpellare il cuore di ogni essere umano? Penso che questa sia una delle sfide più importanti e urgenti per la missione salvifica della Chiesa nel mondo contemporaneo.

Carattere eminentemente interpersonale dell’evangelizzazione, e testimonianza a tutto campo, sembrano a prima vista due aspetti di questa fondamentale missione della Chiesa in contrasto con quelle che sono le caratteristiche del mondo comunicativo odierno. La dimensione digitale sembra mal relazionarsi con l’esigenza di concretezza legata al cammino di evangelizzazione, e lo stesso può dirsi della prospettiva globalizzante quasi impersonale della rete che pare essere in stridente opposizione con le necessarie dimensioni personali — parliamo di spirito, di cuore — del rapporto dell’essere umano con Dio in Gesù Cristo. Non nego che c’è del vero in certe posizioni sospettose e critiche nei confronti delle nuove tecnologie — l’Instrumentum laboris menziona certi limiti al n. 62 — ma è pur vero che esse hanno accresciuto enormemente le capacità conoscitive e relazionali dell’uomo e le reti sociali sono l’ambiente esistenziale di centinaia di milioni di persone. Quale opportunità e sfida per la comunità di credenti in Cristo, che ha nelle sue mani la parola di vita. Per questo motivo è pressante l’invito che Benedetto XVI rivolgeva nel 2010 tramite il messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali: «Lo sviluppo delle nuove tecnologie e, nella sua dimensione complessiva, tutto il mondo digitale rappresentano una grande risorsa per l’umanità nel suo insieme e per l’uomo nella singolarità del suo essere e uno stimolo per il confronto e il dialogo. Nessuna strada, infatti, può e deve essere preclusa a chi, nel nome del Cristo risorto, si impegna a farsi sempre più prossimo all’uomo. I nuovi media, pertanto, offrono innanzitutto ai Presbiteri prospettive sempre nuove e pastoralmente sconfinate, che li sollecitano a valorizzare la dimensione universale della Chiesa, per una comunione vasta e concreta». Credo che il Papa sia pienamente consapevole dei limiti delle nuove tecnologie e di certe influenze negative da esse esercitate specialmente sul mondo giovanile, eppure non le teme, anzi invita la Chiesa «ad esercitare una “diaconia della cultura”, nell’odierno “continente digitale”. Con il Vangelo nelle mani e nel cuore, occorre ribadire che è tempo anche di continuare a preparare cammini che conducano alla Parola di Dio, senza trascurare di dedicare un’attenzione particolare a chi si trova nella condizione di ricerca, anzi procurando di tenerla desta come primo passo dell’evangelizzazione». E la riflessione pontificia giunge a prospettare la messa in opera di una «pastorale nel mondo digitale», che è chiamata «a tener conto anche di quanti non credono, sono sfiduciati ed hanno nel cuore desideri di assoluto e di verità non caduche, dal momento che i nuovi mezzi consentono di entrare in contatto con credenti di ogni religione, con non credenti e persone di ogni cultura».

Proseguendo in questa linea il Papa si chiede — usando un’immagine audace ma significativa — se il web non possa fare spazio — come il cortile dei gentili, del Tempio di Gerusalemme — anche a coloro per i quali Dio è ancora uno sconosciuto (cfr. messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 2010). I testi del magistero papale or ora ripercorsi sono parole pastoralmente illuminanti che possono aiutare, alla vigilia dei lavori del prossimo Sinodo, a riflettere con «audacia e saggezza», sulla grande sfida che le nuove tecnologie comunicative pongono nel cammino di evangelizzazione, percependone anche le grandi opportunità.

 

 

  1. Claudio Fraticelli says:

    é sicuramente apprezzabile l’entusiasmo con cui si vuole mettere in evidenza che nel documento preparatorio del prossimo Sinodo sulla nuova evangelizzazione ci si occupi anche delle nuove tecnologie informatiche per diffondere la Fede ed il Vangelo. Non posso però non dolermi, ancora una volta, di fronte alla evidenza che i documenti dei Vescovi soffrono di clamorose amnesie. Appena qualche anno gli stessi Vescovi hanno tenuto il Sinodo sulla Parola di Dio producendo un ottimo documento conclusivo. Ora, al momento in cui si deve ragionare sulla pressante necessitá di una nuova evangelizzazione, ci si dimentica completamente di quello che stato fatto. Non c’è paragrafo o riga che facciamo riferimento, indichino o possano aiutare a capire come la nuova evangelizzazione si rapporti con la Sacra Scrittura.
    Non capisco questa ecclesiologia sempre più astrusa, gnostica, è portatrice di un linguaggio incomprensibile alla generalità.

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