La fede non è fatta soltanto di informazioni, né la Chiesa è luogo di mera «trasmissione», cioè non è una pura «emittente». Essa è luogo di «comunicazione» e «testimonianza» vissuta del messaggio che si «annuncia». La società digitale, a sua volta, non è più pensabile e comprensibile solamente attraverso i contenuti, ma soprattutto attraverso le relazioni e lo scambio dei contenuti che avviene all’interno delle relazioni. È necessario dunque non confondere nuova complessità con «dis-ordine» e aggregazione spontanea con «an-archia».
Occorre così comprendere la grammatica della Rete e l’articolazione dell’autorità in un contesto fondamentalmente orizzontale. Determinante appare la categoria e la prassi della testimonianza. Oggi l’uomo della Rete si fida delle opinioni in forma di testimonianza. Facciamo un esempio: se oggi voglio comprare un libro o farmi una opnione sulla sua validità vado su un social network come aNobii o visito una libreria on line e leggo le opinioni di altri lettori. Esse hanno più il taglio delle testimonianze che delle classiche recensioni: spesso fanno appello al personale processo di lettura e alle reazioni che ha suscitato. E lo stesso accade se voglio comprare una applicazione o un brano musicale su iTunes. Esistono anche testimonianze sulla correttezza delle persone nel caso in cui esse sono venditrici di oggetti su eBay. Ma gli esempi si possono moltiplicare: si tratta sempre e comunque di quegli user generated content che hanno fatto la «fortuna» e il significato dei social network. La «testimonianza» è da considerare dunque, all’interno della logica delle reti partecipative, un «contenuto generato dall’utente».
La Chiesa in Rete è chiamata dunque non solo a una «emittenza» di contenuti, ma a una «testimonianza» in un Continue reading