Questo è il testo della mia presentazione della Lettera del cardinal Giuseppe Betori alla diocesi di Firenze tenutasi nell’Abbazia di San Miniato al Monte il 3 marzo 2012. Ecco la seconda delle 4 parti nel quale si è suddiviso il mio intervento. Ho postato la prima il 9 marzo.

E vengo subito a un secondo punto importante di questa lettera. E’ proprio linguisticamente che gli uomini, tutti gli uomini, «non fuggono i grandi interrogativi che inquietano il cuore e la mente, come pure le attese più audaci che li muovono». Allora io trovo qui il motivo pastorale della lettera: spingere gli uomini a non fuggire i grandi interrogativi e le grandi attese.

Come ha notato Benedetto XVI nel suo recente messaggio per la 46° Giornata Mondiale delle Comunicazioni, «gran parte della dinamica attuale della comunicazione è orientata da domande alla ricerca di risposte. I motori di ricerca e le reti sociali sono il punto di partenza della comunicazione per molte persone che cercano consigli, suggerimenti, informazioni, risposte. Ai nostri giorni, la Rete sta diventando sempre di più il luogo delle domande e delle risposte».

Ma occorre muovere un passo ulteriore constatando che spesso l’uomo contemporaneo è bombardato non da domande, ma da risposte a quesiti che egli non si è mai posto e a bisogni che non avverte. La stessa domanda religiosa, infatti, si sta trasformando in un confronto tra risposte plausibili e soggettivamente significative. Le domande radicali non mancheranno mai, ma oggi sono mediate dalle tante risposte che si ricevono. Il problema oggi non è reperire il messaggio di senso, ma essere aperti e riconoscerlo sulla base delle molteplici risposte che riceviamo.

La grande parola da riscoprire, allora, è una vecchia conoscenza del vocabolario cristiano: il discernimento. Il silenzio dunque permette di fare un discernimento tra le tante risposte che noi riceviamo per riconoscere le domande veramente importanti. E in questo senso l’uomo si conferma come radicalmente assetato di senso: «non può accontentarsi di un semplice e tollerante scambio di scettiche opinioni ed esperienze di vita: tutti siamo cercatori di verità e condividiamo questo profondo anelito». E’ nel silenzio che ascoltiamo e conosciamo meglio noi stessi, riconoscendo le domande radicali, come scrive il cardinal Betori: i «grandi interrogativi», le «grandi attese».

Ci aiuta a capirlo Ignazio di Loyola. Alla fine del suo racconto autobiografico, rispondendo ad una domanda del p. Câmara che trascriveva la sua narrazione, disse che le parti centrali dei suoi Esercizi Spirituali «le haveva cavate da quella varietà di spirito et pensieri, che haveva quando era in Loyola, quando stava anchora malo della gamba». La «varietà di spirito et pensieri» compendia tutto ciò che si agita in noi. Il silenzio è luogo di esperienza profonda, al di là del meccanismo della information overload che ci bombarda non con la verità ma con la varietà.

 

  1. Mattia De Giosa says:

    “Il silenzio è la «lunghezza d’onda» sulla quale (…) l’Assoluto trasmette all’intelligenza della sua creatura: l’uomo. Così Giobbe impara; perciò tace (si mette la mano sulla bocca), non replica e adora fiducioso il mistero di Dio tanto più grande di lui.” – Bernardo Razzotti –

  2. Pietro Abate says:

    Dalla sofferenza e dal silenzio giunge nel cuore e nella mente la Parola che nutre I bisogni dell'anima e del corpo. L'uomo, grazie alle prove impara a mettere ordine nelle priorità:Vita, Amore spirituale e fisico; a Dio, al Prossimo e al Creato. L' Altro dà senso alla mia vita.

  3. Alessandra Parrini says:

    don Momigli: "Quanto è grande la tua speranza?" La mia quanto l'ostia che ci viene afffidata ad ogni Messa. Chissà quali pensieri agitavano le menti dei primi apostoli mentre ricevevano the Gesù il pane e il vino all'Ultima Cena senza comprendere forse appieno quello che poi I suoi gesti silenziosi rivelarono loro. Grazie per queste pagine a chi le ha scritte e a chi le ha condivise.

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