Riporto qui di seguito unaintervista che ho rilasciato a Stefania Careddu per Avvenire (5 giugno 2011)

La sfida non è quella di usare bene la Rete, ma di vivere bene al tempo della Rete». E’ questo per padre Antonio Spadaro, gesuita, redattore de La Civiltà Cattolica e autore di Web 2.0. Reti di relazione (Edizioni Paoline), l’obiettivo da raggiungere, grazie soprattutto al lavoro educativo.

Verità e autenticità sono compatibili con le logiche del web e le possibilità di mascherare la propria identità?

Il vero nodo oggi è quello della formazione dell’identità personale che investe la vita on line e offline. Per questo Benedetto XVI scrive che le nuove tecnologie della comunicazione possono positivamente contribuire a soddisfare il desiderio di senso e di verità che resta l’aspirazione più profonda dell’essere umano. La Rete risponde in modo nuovo a desideri antichi dell’uomo. Cancellati i pregiudizi, la sfida è imparare semplicemente a vivere. E questo nel contesto di oggi, cioè rimanendo connessi in maniera fluida, naturale, etica e perfino spirituale, vivendo la Rete come uno degli ambienti di vita.

In che modo i social network rivalutano la categoria della testimonianza e possono essere luoghi di annuncio?

Il Papa nel suo Messaggio ci fa capire come la società digitale non sia più comprensibile solo attraverso i contenuti, ma debba considerare le relazioni: al tempo delle reti partecipative l’uomo è sempre implicato direttamente in ciò che comunica. Quando le persone si scambiano informazioni stanno già condividendo se stesse, la loro visione del mondo, le speranze e gli ideali. I cristiani in Rete sono chiamati dunque non a una emittenza di contenuti religiosi, ma a una testimonianza che tocca scelte, preferenze, giudizi, anche quando non si parla del Vangelo esplicitatamente. Quindi testimonianza, non propaganda!

Chiesa e rete: quale è il terreno di incontro?

La Chiesa ha nell’annuncio e nella comunione due pilastri fondanti del suo essere. Ecco perché la Rete e la Chiesa sono due realtà da sempre destinate ad incontrarsi. Così la Rete non è un nuovo mezzo di evangelizzazione, ma un contesto in cui la fede è chiamata ad esprimersi non per una mera volontà di presenza, ma per una connaturalità del cristianesimo con la vita degli uomini. Le logiche della Rete hanno un impatto sul modo di pensare degli uomini e, dunque, anche sul modo di pensare la fede e la vita della Chiesa: proprio per animare il delicato dibattito sull’intelligenza della fede al tempo della Rete mi occupo di questi temi da oltre 10 anni su La Civiltà Cattolica e quest’anno ho creato il blog Cyberteologia.it

Nativi digitali, cultura digitale per tutti: ha ancora senso parlare di alleanza educativa per il web?

Oggi più che mai. Una delle sfide maggiori, specialmente per chi non è «nativo digitale», è di non vedere nella Rete una realtà parallela, ma uno spazio antropologico interconnesso in radice con gli altri della nostra vita. La Rete tende a diventare invisibile: per essere connessi basta avere uno smartphone in tasca. La Rete è un ambiente di conoscenza e di relazione chiamato a integrarsi sempre meglio e virtuosamente all’interno della nostra esistenza quotidiana. La sfida non è quella di usare bene la Rete ma di vivere bene al tempo della Rete.

  1. Anselmo Grotti says:

    Nel secolo scorso la infosfera ha raggiunto uno sviluppo particolarmente rilevante e gli effetti sono stati molteplici: antropologici, sociali, politici. I regimi totalitari tra le due guerre hanno fatto ampio uso della radio e del cinema per controllare le coscienze. Dopo il 1960 è stata la televisione a diventare la padrona dei nostri paesaggi mentali: i paesi democratici hanno visto la vita politica mutare radicalmente e quelli autoritari una pervasività dei leader e delle verità di regime mai immaginata prima. Nel nostro Paese la mancanza di regole e di cultura adeguate ha portato a un oligopolio soffocante e mediocre. L’arrivo della rete ha potenzialmente mutato il panorama, mettendo in condizione di sperimentare forme di comunicazione, condivisione e produzione del sapere sinora inedite. Tali opportunità non sono disponibili in modo automatico e la mancanza di una adeguata formazione può far decadere internet a una televisione che si differenzia da quella precedente solo per l’enorme aumento di “canali” possibili e per la maggiore mobilità.
    Nel 2010 circa 20 milioni di italiani hanno utilizzato contenuti multimediali attraverso le tecnologie digitali . Rispetto al 2007 c’è stato un aumento di quasi 4 milioni. Il 40% della popolazione sopra i 14 anni è disposta a pagare per consumare tali contenuti. “Confindustria cultura Italia” (la federazione italiana dell’industria culturale) si è mostrata molto interessata. C’è da chiedersi se dobbiamo affidare il luogo internet unicamente all’industria culturale: vorrebbe dire che ci siamo arresi all’idea che sia solo un immenso parco di intrattenimento.
    Come affrontare il presente e l’immediato futuro della comunicazione, come prendersi cura dell’umanità di ciascuna persona in un contesto così complesso e mutevole?
    è possibile intravedere alcuni passaggi fondamentali.
    – dalla capacità di utilizzare in modo più autonomo e consapevole gli ambienti della infosfera;
    – dalla capacità di conoscere le caratteristiche di tali ambienti (come cambiano i processi conoscitivi? Come organizziamo il sapere e la percezione di noi stessi, degli altri, del mondo?);
    – dalla capacità di influire sulle scelte tecnologiche: la neutralità della rete, la scelta tra software proprietario e open source, l’interoperabilità dei supporti e le piattaforme aperte;
    – dal supporto a scelte politiche che salvaguardino la libertà di espressione, proteggano dai grandi monopoli e riconoscano il dovuto alle opere dell’ingegno senza creare rendite di posizione sullo sfruttamento delle royalties dell’industria culturale;
    – dallo sviluppo di attitudini e competenze di produzione autonoma di contenuti in forma collaborativa, secondo i principi di condivisione del sapere e di universalità dell’accesso. Si tratta del cosiddetto «principio di equità». Se mi permetti di accedere ai tuoi contenuti io devo fare altrettanto.
    Sapremo mantenere la neutralità della rete? Ne va del diritto di ciascuno (sia singolo cittadino che potente multinazionale) di accedere alla rete senza differenziazioni. Se chi è in grado di pagare di più o di influenzare di più avesse un trattamento privilegiato, saremmo ben presto di fronte a una alterazione pericolosa della infosfera. La possibilità di mettere in circolo idee, opinioni, punti di vista ne sarebbe profondamente ferita, permettendo a ristretti oligopoli di controllare lo scenario mentale di tutti noi. Anche se molti repubblicani hanno attaccato Obama parlando di «nazionalizzazione» della rete, la Federal Communications Commission ha stabilito a fine 2010 il diritto di tutti ad accedere alla rete a parità di condizioni tecniche. Sia colossi come Google o You Tube sia lo sconosciuto cittadino che pubblica un suo blog. Occorre evitare che i gestori delle reti (le società di telecomunicazioni) stabiliscano canali preferenziali per i colossi, cancellando di fatto la logica reticolare di internet e ripristinando quella centripeta della tv. Le reti si fanno costose perché a banda sempre più larga e la tentazione di diversificare gli accessi è molto forte – specialmente in presenza di colossali interessi economici.
    La questione è molto delicata. Il principio di fondo per ora sembra salvaguardato. Le eccezioni sembrano accettabili: le reti per le cure mediche a distanza e simili avranno comprensibilmente delle corsie privilegiate. Ma cosa accadrà in futuro? Avremo treni di prima, seconda e terza classe? Gli interessi in gioco sono enormi e non è scontato che la rete rimanga inter-net.
    Tra Net e Inter-Net: c’è una scelta di fondo (culturale e tecnologica). Se parlo di “Net” intendo la messa in rete una serie di soggetti che possono così comunicare tra loro. Si tratta di reti che nascono da realtà ben identificate: aziende, enti, gruppi di vario genere.
    Inter-Net: la possibilità (o no) di connettere tra loro le diverse reti. La vera novità di internet non è il numero di connessioni che permette, per quanto grande, ma che si tratti di connessioni universali. Connessioni che non vincolano alla partecipazione a un particolare network. È una differenza culturale importante: è la differenza che passa tra essere cittadini di uno Stato che conosce solo la logica dell’appartenenza o vivere in uno Stato in cui i cittadini sono in grado di interagire con quelli di tutti gli Stati. È la differenza che passa tra voler interloquire solo con chi parla la mia stessa lingua o essere in grado di stabilire una interfaccia con tutte le lingue parlate nel mondo.
    Dal punto di vista tecnico è quanto accade con internet, i cui protocolli sono comuni e trasparenti.
    Il contrario accade con i sistemi chiusi. Che ne sarà del cloud computing nell’era dell’icloud?

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.