Un incontro di bloggers avrà luogo in Vaticano il 2 maggio prossimo. L’evento, organizzato dai Pontifici Consigli della Cultura e delle Comunicazioni Sociali. In 2 sessioni alcuni relatori presenteranno punti per avviare una discussione aperta a tutti i partecipanti. Qui tutte le info.

In preparazione all’evento ecco alcune domande e alcune (brevi) risposte…

Blog, spiritualità, teologia: che dire?
Diciamo che è meglio parlare di un legame reale più che di un legame semplicemente possibile. Uno di questi legami, ad esempio, è la «teoblogia» frutto del blogging theologically, di un «bloggare teologico». La rivista Christianity today tempo fa ha parlato di una vera e propria «rivoluzione teoblogica» e di «blogosfera cristiana». Essa è molto variegata e comprende siti di riflessione e discussione teologica tra studenti, blog legati a riviste cristiane, spazi personali, anche di pastori e sacerdoti, di ispirazione religiosa. In realtà occorre notare che, più che di una rivoluzione, si ha a che fare con un uso più pertinente della Rete in piena continuità con l’uso che già le chiese cristiane hanno fatto della Rete attraverso sistemi più tradizionali (siti, mailing list, newsletter, forum,…). Ma l’aspetto forse più interessante è legato al fatto che il blog è un diario personale o collettivo. Comunque un «diario» dove si trascrivono note, riflessioni, osservazioni, pensieri… è chiaro che questo genera una presenza cristiana che ha innanzitutto il gusto e la forma della testimonianza personalmente coinvolta.

Che tipo di prossimità si sperimenta nei blog?
Il blog ormai partecipa della dinamica propria delle reti sociali dove l’informazione comunicata è strettamente legata alla persona che la condivide. Comunicazione oggi significa sempre di più condividere all’interno di reti partecipative. I social network stanno prendendo il posto di molti blog personali. Di fatto ne assumono i valore fondamentale: condividere la propria vita, i propri pensieri, aprendoli al commento degli altri. La differenza è che il blog è aperto a tutti, mentre le reti sociali definiscono un ambito, un territorio, che è poi quello delle «amicizie». La prossimità è appunto definita in termini di amicizia, di relazione. Ormai anche istituzioni o riviste cartacee hanno espressioni sul social network.

Un rischio della blogosfera?
Il rischio è in generale quello della vita in rete: la scollatura dalla vita reale. Ma il blog, a mio avviso, ormai è abbastanza maturo. Molte riviste nuove stanno assumendo la forma del blog che implica una scrittura abbastanza controllata: rapida ma non banale e troppo sintetica. I rischi del blog vengono assunti e metabolizzati da Facebook e gli altri social network, mentre il blog va consolidandosi come format che potremmo definire più «giornalistico». E’ vero che così è possibile dire tutto e il contrario di tutto perché tutti possono facilmente autopubblicarsi. Ma la pratica della Rete aiuta a non essere stupidi e a filtrare le notizie, scegliere le proprie fonti, verificarle. I lettori vengono selezionati dalla qualità dei contributi che vengono «postati». Di certo questo è un ambito specifico nel quale insistere nell’educazione.

Quali desideri/bisogni esprime la scelta di essere un blogger?
Il desiderio di dire la propria opinione, di pubblicare la propria visione del mondo e delle cose, ovviamente spesso in una maniera molto «situata», cioè a partire dal proprio punto di vista, cercando però di entrare in un giro, di essere ascoltati: una sorta di Hyde Park Corner attivabile dalla propria stanza.

 

  1. Massimo Melica says:

    La comunicazione nel Web svolta attraverso un social network, un blog o semplicemente in un forum deve attendere quell’uso responsabile e consapevole dell’autore dell’informazione.
    Il problema da sempre è dato dalla credibilità di chi “rivendica la paternità del dato”, l’attendibilità della fonte e infine l’etica del messaggio.
    Non ho mai ritenuto che esistano due mondi distanti: quello del digitale (virtuale) e quello degli atomi (reale); esiste una sola realtà che si esplica con più forme comunicative. Ciò comporta l’adozione di specifiche responsabilità.

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