famiglia

1. Il vangelo della famiglia e le sfide di oggi. La forza e la carica di umanità della famiglia sono incalcolabili. Il primo compito dei pastori deve essere innanzitutto quello di valorizzare ciò che è attrattivo nella vita familiare. Proprio per questo mai la famiglia può essere issata come una bandiera ideologica di alcun tipo. È una esperienza fragile e complessa – e per questo ricca – che mette in gioco non le idee ma le persone. Le sfide che oggi essa affronta hanno una radice comune: l’uomo e la donna stanno interpretando se stessi in maniera diversa dal passato. L’antropologia a cui la Chiesa ha tradizionalmente fatto riferimento e il suo linguaggio non sono più compresi come una volta. Come porsi in maniera corretta, cioè evangelica, davanti a queste sfide?

2. Un criterio di discernimento. Sant’Ignazio negli Esercizi Spirituali scrive che Dio vede il mondo come un campo di battaglia con morti e feriti (cfr nn. 106.108). Questa visione muove Dio all’Incarnazione. Quando il Papa parla della Chiesa come «ospedale da campo dopo una battaglia» chiarisce il ruolo della Chiesa alla luce dello sguardo di Dio sul mondo: vede tanta gente ferita che chiede da noi vicinanza. L’ospedale da campo non è solo una bella immagine poetica, ma genera un vero e proprio modello ecclesiologico da sviluppare (anche nella linea del progresso e dell’approfondimento del dogma indicato da san Vincenzo di Lerino). Ed è l’opposto dell’immagine di una fortezza assediata. Da questa immagine deriva una comprensione della missione della Chiesa e anche dei sacramenti di salvezza. E qual è il campo di battaglia oggi? Una ferita mortale dell’umanità di oggi consiste nel fatto che le persone fanno sempre più fatica ad uscire da se stesse e a stringere patti di fedeltà con un’altra persona, persino se amata. La Chiesa vede davanti a sé questa umanità, individualista e spesso incapace di essere generativa. La sua prima preoccupazione deve essere quella di non chiudere le porte, di aprire, di uscire per andare incontro a quest’uomo e a questa donna che fanno fatica ad amare (Cfr EG 139-141), e per questo si scoprono spesso impauriti e feriti dalla vita.

3. La Chiesa fiaccola. Confrontandoci, dunque, sulle sfide e sui drammi delle coppie, in realtà ci esprimiamo anche più in generale sul compito della Chiesa nel mondo d’oggi. La Chiesa è lumen, luce, perché sul suo volto si riflette la luce di Cristo, che è Lumen gentium (LG, 1). Essa può essere intesa come «faro». La caratteristica di un faro è quella di essere fermo su un «solidissimo fondamento» e di dare luce. Ma c’è un altro modello di Chiesa, quella che potremmo definire la Chiesa «fiaccola». Qual è la differenza tra faro e fiaccola? Il faro sta fermo, è visibile ma non si muove. La fiaccola, invece, cammina lì dove sono gli uomini, illumina quella porzione di umanità nella quale si trova (cfr GS, 1). E se l’umanità andasse verso il baratro? Anche in questo caso la fiaccola è chiamata ad accompagnare gli uomini nel loro camino. In tal modo potrebbe strappare gli uomini dal baratro, perché potrebbe farglielo vedere! In ogni caso «La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino» (LF, 57). Non basta invece che la Chiesa emetta luce dall’alto. Viviamo il privilegio di vivere in tempi di grandi contraddizioni, che sollecita molto la nostra libertà, la nostra maturità e la nostra adesione al Vangelo. Dunque, se l’umanità si allontanasse troppo, anche la sua luce evangelica sulla coppia umana, per quanto potente, diverrebbe talmente flebile da scomparire per molti, e diventare privilegio di pochi eletti che stanno nel recinto di un porto sicuro. Oggi tra il buio e la penombra c’è bisogno della luce agile di fiaccole che illuminano i nostri tortuosi cammini. Dunque oggi più che mai la Chiesa è chiamata ad accompagnare i processi culturali e sociali che riguardano la famiglia, per quanto ambigui, difficili e poliedrici possano essere (Cfr IL 31.125). Nessuna periferia deve essere priva della luce di Cristo: è necessario accompagnare e illuminare le nuove periferie esistenziali della famiglia e della vita di coppia. Newman parlava di una «luce gentile»,, kindly light… Questa è la luce della consolazione: «Consolate, consolate il mio popolo…», ci ricorda Isaia (40,1).

4. Missione e sfide difficili da comprendere. In maniera molto significativa e realistica il Santo Padre, parlando ai Superiori Generali degli Ordini religiosi maschili, ha fatto l’esempio di una figlia adottata da due donne: «Ricordo il caso di una bambina molto triste che alla fine confidò alla maestra il motivo del suo stato d’animo: “La fidanzata di mia madre non mi vuol bene”». Ha quindi commentato: «Le situazioni che viviamo oggi pongono dunque sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere. Come annunciare Cristo a questi ragazzi e ragazze? Come annunciare Cristo a una generazione che cambia?» (Cfr Civ Catt 2014 I 3-17). La questione omosessuale si presenta qui come una importante sfida educativa (Cfr IL 120). Dobbiamo essere sempre consapevoli che l’atteggiamento che teniamo verso le situazioni che definiamo «disordinate» e «irregolari» di coppia determinerà l’avvicinamento alla Chiesa della generazione dei figli (Cfr IL 138). La stessa questione omosessuale, inoltre, ci interpella a una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva evangelica. La Chiesa forse non ha affrontato fino ad oggi la questione con il dovuto ascolto e discernimento, considerandola solamente un residuale elemento di disordine.

5. La consolazione e la dimensione sanante del sacramento. «Serve una Chiesa capace ancora di ridare cittadinanza a tanti dei suoi figli che camminano come in un esodo» (Francesco, Incontro con l’Episcopato brasiliano, 27/7/ 2013). La cittadinanza cristiana è frutto della misericordia. Se la Chiesa è davvero madre, tratta i suoi figli non solamente secondo il suo «cuore», ma anche secondo le sue uterine «viscere di misericordia» (Lc 1,78): non sottomette il suo abbraccio a regole, ma semmai a processi di gestazione, allevamento e formazione, anche di carattere penitenziale (Cfr EG, 47) Allora la domanda radicale che alcune coppie in situazioni problematiche pongono è se possano esistere, per la misericordia viscerale di Dio, situazioni radicalmente irrecuperabili, così che la Chiesa non possa far altro che escludere definitivamente la loro possibilità di accedere al sacramento della riconciliazione. Come possiamo comportarci, ad esempio, davanti a una donna che, dopo un matrimonio fallito e dopo anni di una vita ricostruita con seconde nozze e figli, si pente di gravi peccati passati (un aborto, ad esempio, praticato prima del divorzio) e vogliono riconciliarsi sacramentalmente con Dio? No, non possono esistere situazioni irrecuperabili perché, come di recente ha affermato il Papa, «Questo è il mistero della Chiesa: quando la Chiesa chiede al Signore di consolare il suo popolo» (Discorso ai Vespri, Tirana, 21/9/2014) In questo senso è necessario anche riscoprire i sacramenti nella loro forza di aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e nelle debolezze della vita. «Come il cibo del corpo serve a restaurare le forze perdute, l’Eucaristia fortifica la carità» (CCC 1394). E allora come può la Chiesa arrivare in aiuto con la forza dei sacramenti a chi vive situazioni familiari complesse? Ricordiamo che «La crescita della vita cristiana richiede di essere alimentata dalla Comunione eucaristica, pane del nostro pellegrinaggio» (CCC 1392). L’eucarestia è il pane del cammino di noi peccatori, «un generoso rimedio e un alimento per i deboli» (EG, 47).

6. Il pensiero incompleto del «discernimento pastorale». Il discernimento pastorale, vissuto con prudenza, saggezza e audacia, appare la strada giusta per pensare in termini di misericordia. Occorre riscoprire così il patrimonio dottrinale della tradizione in modo da prendere sul serio la odierna condizione umana. Questo discernimento pastorale è il risultato di quello che il Santo Padre ha definito «pensiero incompleto» e aperto (Civ Catt 2013 III 449-477), che sempre, in continuazione, guarda il cammino all’orizzonte, avendo come stella polare Cristo. Il pensiero è «incompleto» non perché debole o approssimativo, ma semmai perché «approssimato», cioè perché ha sempre presente il prossimo, la persona, la salvezza di ciascuno.  Il discernimento pastorale in tutti i casi punta sempre alla maggiore crescita possibile della persona. Del resto è proprio questa la maggior gloria di Dio (cfr Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4,20,5-7).

(Sigle: IL Instrumentum Laboris, EG Evangelii Gaudium, LF Lumen Fidei, GS Gaudium et Spes, LG Lumen Gentium, CCC Catechismo della Chiesa Cattolica, Civ Catt La Civiltà Cattolica)

P. Antonio Spadaro S.I., direttore de La Civiltà Cattolica

  1. Pierluigi Varvesi says:

    "Scegliere un’attività sessuale con una persona dello stesso sesso equivale ad annullare il ricco simbolismo e il significato, per non parlare dei fini, del disegno del Creatore a riguardo della realtà sessuale. L’attività omosessuale non esprime un’unione complementare, capace di trasmettere la vita, e pertanto contraddice la vocazione a un’esistenza vissuta in quella forma di auto-donazione che, secondo il Vangelo, è l’essenza stessa della vita cristiana. Ciò non significa che le persone omosessuali non siano spesso generose e non facciano dono di se stesse, ma quando si impegnano in un’attività omosessuale esse rafforzano al loro interno una inclinazione sessuale disordinata, per se stessa caratterizzata dall’autocompiacimento.
    Come accade per ogni altro disordine morale, l’attività omosessuale impedisce la propria realizzazione e felicità perché è contraria alla sapienza creatrice di Dio. Quando respinge le dottrine erronee riguardanti l’omosessualità, la Chiesa non limita ma piuttosto difende la libertà e la dignità della persona, intese in modo realistico e autentico.
    L’insegnamento della Chiesa di oggi è quindi in continuità organica con la visione della S. Scrittura e con la costante Tradizione. Anche se il mondo di oggi è da molti punti di vista veramente cambiato, la comunità cristiana è consapevole del legame profondo e duraturo che la unisce alle generazioni che l’hanno preceduta « nel segno della fede »."
    Dalla lettera ai Vescovi della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla cura pastorale delle persone omosessuali, firmata il 1° ottobre 1986 dall'allora Prefetto Joseph Ratzinger. Lei la condivide, padre Spadaro?

  2. Marco Spotorno says:

    Grazie padre Antonio per il suo intervento al Sinodo, mi piace pensare che tutti (anche noi laici) possiamo contribuire alla migliore “approssimazione” possibile del “pensiero incompleto”!!!
    Mi spiace (ma non mi stupisce) che la decisione di rendere pubblico il suo intervento sia stata criticata duramente da Sandro Magister
    http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350907

    Aprire le porte e le finestre fa sempre paura!!!

  3. Jean-Marie DESSAIVRE says:

    Per favore, grazie di togliere la traduzione in francese che ho inviato il 7 novembre che contiene errori e di sostituirla con questa che è più fedele.

    Les défis pastoraux sur la famille pour faire face avec courage
    par Antonio Spadaro S.J.

    1. L’Evangile de la famille et les défis d’aujourd’hui. La force et le potentiel d’humanité de la famille sont incalculables. La première tâche des pasteurs doit être d’abord et avant tout d’améliorer ce qui est attrayant dans la vie de famille. Et précisément à cause de cela jamais la famille ne devrait être brandie comme une bannière idéologique d’aucune sorte. Elle est une expérience fragile et complexe – et donc riche – qui met en jeux non des idées, mais des personnes. Les défis auxquels elle est confrontée aujourd’hui ont une racine commune: l’homme et la femme interprètent leurs propres rôles d’une manière différente du passé. L’anthropologie à laquelle l’Eglise a traditionnellement fait référence et son langage ne sont plus compris comme autrefois. Comment se positionner correctement, c’est-à-dire de façon évangélique, devant ces défis?

    2. Un critère de discernement. Saint Ignace dans les Exercices Spirituels écrit que Dieu voit le monde comme un champ de bataille avec des morts et des blessés (cf. n° 106 108). Ce point de vue pousse Dieu à l’incarnation. Quand le Pape parle de l’Église comme un «hôpital de campagne après une bataille », il éclaire le rôle de l’Eglise à la lumière du regard de Dieu sur le monde: il voit une foule de personnes blessées qui nous demandent secours et proximité. L’hôpital de campagne est non seulement une belle image poétique, mais présente un vrai modèle ecclésiologique à développer (également dans la ligne du progrès et de l’approfondissement du dogme indiqué par saint Vincent de Lérins). Il est à l’opposé de l’image d’une forteresse assiégée. De cette image découle une compréhension de la mission de l’Eglise et des sacrements du salut. Et quel est le champ de bataille aujourd’hui? Une blessure mortelle de l’humanité aujourd’hui est que les gens ont de plus en plus de difficulté à sortir d’eux-mêmes et à nouer des pactes de fidélité avec une autre personne, même si elle est aimée. L’Église voit en face d’elle cette humanité, individualiste et souvent incapable d’engendrer. Son premier souci doit être non pas de fermer les portes mais de les ouvrir, et d’aller à la rencontre de cet homme et de cette femme qui ont du mal à s’aimer (cf. EG 139-141), et qui par conséquent se retrouvent souvent effrayés et blessés de la vie.

    3. L’Eglise « flambeau » . Face aux défis et aux drames des couples, en fait nous nous exprimons aussi, plus généralement, sur la mission de l’Eglise dans le monde d’aujourd’hui. L’Eglise est lumen, lumière, parce que sur son visage se reflète la lumière du Christ, qui est Lumen Gentium (LG, 1). Elle peut être comprise comme un «phare». La caractéristique d’un phare est d’être planté fermement sur un «fondement solide » et de diffuser la lumière. Mais il est un autre modèle de l’Eglise, que nous pourrions appeler l’Eglise « flambeau » (ou « torche »). Quelle est la différence entre le phare et la torche? Le phare est toujours debout, il est visible mais ne bouge pas. La torche, cependant, marche où il y a des hommes, et éclaire cette partie de l’humanité où elle se trouve (cf. Gaudium et Spes, 1). Et si l’humanité était entrainée vers l’abîme? Dans ce cas également la torche serait appelée à accompagner les hommes sur leur chemin. Ainsi elle pourrait les extirper de l’abîme, parce qu’elle pourrait le leur faire voir! Dans tous les cas, «La foi n’est pas une lumière qui dissipe toutes nos ténèbres, mais une lampe qui guide nos pas dans la nuit, et cela suffit pour le voyage» (LF, 57). Par contre, il ne suffit pas que l’Eglise émette de la lumière d’en haut. Nous avons le privilège de vivre une époque remplie de grandes contradictions, qui en appelle grandement à notre liberté, à notre maturité et à notre adhésion à l’Evangile. Donc, si l’humanité voulait aller trop loin et s’éloigner encore, même la lumière de l’Évangile sur le couple humain, si puissante soit-elle, deviendrait si faible que pour beaucoup elle aurait disparu, et deviendrait le privilège de quelques élus qui seraient restés dans l’enceinte d’un port sûr. Aujourd’hui, entre les ténèbres et l’obscurité, nous avons besoin de la lumière agile de torches qui éclairent nos sentiers tortueux. Ainsi maintenant, plus que jamais, l’Eglise est appelée à accompagner les processus culturels et sociaux qui affectent la famille, tout autant ambigus, difficiles et polyvalents qu’ils puissent être (voir IL 31 125). Aucune périphérie ne doit être privée de la lumière du Christ : il est nécessaire d’accompagner et d’éclairer les nouvelles périphéries existentielles de la vie familiale et conjugale. Newman a parlé d’une “douce lumière”, kindly light… C’est la lumière de la consolation: «Consolez, consolez mon peuple …» nous rappelle Isaïe (40,1).

    4. Une mission et des défis difficiles à comprendre. De façon très réaliste et significative, le Saint-Père, parlant aux Supérieurs Généraux des Ordres religieux masculins, a donné l’exemple d’une fille adoptée par deux femmes: “Je me souviens du cas d’une petite fille très triste qui à la fin confia à son enseignante la raison de la son état d’esprit: ‘La fiancée de ma mère ne m’aime pas ‘.” Il a ensuite commenté ainsi: «Les situations dans lesquelles nous vivons aujourd’hui nous posent de nouveaux défis qu’il nous est même parfois difficile à comprendre. Comment annoncer le Christ à ces jeunes hommes et jeunes femmes? Comment annoncer le Christ à une génération qui change? » (Voir Civ Catt 2014 3-1 7). La question homosexuelle se présente ici comme un défi éducatif important (voir 120). Nous devons être toujours conscients que notre attitude envers les situations de ces couples que nous qualifions de «désordonnées» ou d’«irrégulières» déterminera la façon dont la génération des enfants s’approchera de l’Eglise (cf. IL 138). Cette même question homosexuelle nous invite aussi à réfléchir sérieusement sur la façon de développer des moyens réalistes de croissance affective et évangélique. L’Église n’a peut-être pas à ce jour abordé la question avec tout le discernement et l’écoute nécessaire, en considérant cet aspect seulement comme un élément résiduel de désordre.

    5. La consolation et la dimension salvifique du sacrement. “Nous avons besoin d’une Église qui soit encore capable de redonner la citoyenneté à tant de ses enfants qui cheminent comme dans un exode” (Francois, Rencontre avec les évêques du Brésil 27/7/2013). La citoyenneté chrétienne est le fruit de la miséricorde. Si l’Eglise est vraiment mère, elle accueille ses enfants non seulement avec son «cœur», mais avec ses tripes, ses « entrailles de miséricorde» (Lc 1:78): elle ne soumet pas ses étreintes à des règles, mais plutôt à des processus de gestation, de relevailles, et de formation, y compris de type pénitentielles (voir, par exemple, 47). Alors la question radicale que certains couples en situations problématiques posent est de savoir s’il peut exister, avec la compassion viscérale de Dieu, des situations si radicalement irrécupérables, que l’Eglise ne puisse pas faire autrement que de les exclure définitivement de la possibilité d’accéder au sacrement de Réconciliation. Comment pouvons-nous nous comporter, par exemple, devant une femme qui, après un mariage raté et après des années d’une vie reconstruite en seconde noce et des enfants, se repend de ses graves péchés passés (un avortement, par exemple, pratiqué avant le divorce) et veut se réconcilier sacramentellement avec Dieu? Non, il ne peut pas y avoir des situations irrécupérables parce que, comme l’a dit le pape récemment, “Tel est le mystère de l’Eglise quand l’Église demande au Seigneur de consoler son peuple» (Discours aux vêpres, Tirana, 21/09/2014) En ce sens, il est également nécessaire de redécouvrir les sacrements qui ont le pouvoir d’aider ceux qui trébuchent sur le chemin et de les soutenir dans les moments de faiblesse. « Comme la nourriture corporelle sert à restaurer les forces perdues, l’Eucharistie fortifie la charité» (CEC 1394). Alors, comment l’Eglise peut-elle aider avec la puissance des sacrements ceux qui vivent dans des situations familiales complexes? Rappelons que «La croissance dans la vie chrétienne a besoin d’être alimentée par la communion eucharistique, le pain de notre pèlerinage» (CEC 1392). L’Eucharistie est le pain du chemin pour nous pécheurs, « remède efficace et nourriture pour les faibles” (EG, 47).

    6. L’idée incomplète du “discernement pastoral.” Le discernement pastoral, vécu avec prudence, sagesse et courage, semble être la juste voie pour penser en termes de miséricorde. Nous devons redécouvrir ainsi le patrimoine doctrinal de la tradition afin de prendre au sérieux la condition humaine d’aujourd’hui. Ce discernement pastoral est le résultat de ce que le Saint-Père a appelé «la pensée incomplète» et ouverte (Civ Catt 2013 III 449-477), qui toujours, continuellement, regarde le chemin à l’horizon, avec le Christ comme étoile polaire. La pensée est «incomplète», non pas parce que faible ou approximative, mais plutôt parce que «approchée», parce qu’elle à toujours présent à son esprit le prochain, la personne, le salut de chacun. Le discernement pastoral dans tous les cas vise toujours à la plus grande croissance possible de la personne. Du reste, c’est précisément cela la plus grande gloire de Dieu (cf. Irénée, Contre les Hérésies, 4,20,5-7).

    (Abréviations: IL Instrumentum Laboris, EG Evangelii Gaudium, LF Lumen Fidei, GS Gaudium et Spes, LG Lumen Gentium, CEC Catéchisme de l’Église Catholique, Civ Catt La Civiltà Cattolica)

    Père Antonio Spadaro sj, directeur de La Civiltà Cattolica

    Texte original en Italien: http://www.cyberteologia.it/2014/10/famiglia/
    Traduction : Jean-Marie Dessaivre

  4. Emanuele says:

    Grazie Padre Antonio per questo utile contribito alla riflessione. Utile perchè coraggiosamente libero da ogni condizionamento esterno. Rischiare la libertà della propria coscienza è una risorsa e una ricchezza anche per chi dovesse criticarla nel merito dei contenuti. Solo aprendoci e svelandoci nella nostra autenticità possiamo sia crescere noi che far crescere gli altri. La situazione delle coppie (più che delle persone) omosessuali oggi porta a grandi punti interrogativi e bisogna decidere se questi interrogativi li si vuole affrontare o se resterà un problema ansioso pensare a come gestire a catechismo i figli di coppie omogenitoriali (problema che in uno dei convegni di Alleanza Cattolica la dott.ssa Atzori portava come esempio di difficoltà contigente). Conosco e frequento entramni gli ambienti (gruppi di omosessuali credenti e Alleanza Cattolica). Quello che mi preoccupa non è che esistono entrambe queste realtà, ma vedere situazioni in cui ideologicamente singole persone decidano che con l’altro non c’è nulla da dire, perchè è (sempre) l’altro che non vuole ascoltare e capire!

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