Riporto qui integralmente il mio articolo apparso su La Civiltà Cattolica (2011 II 492-500). E’ una riflessione ampia che (oltre a descrivere la natura del blog e l’evento stesso) cerca di mettere in luce il significato dell’evento e le prospettive a un mese di distanza dal suo svolgimento. Oltre ad affermare un interesse per le «culture emergenti», l’evento ha auspicato un giornalismo con un valore aggiunto che vada al di là della produzione di notizie, ma che debba, in qualche modo, comprendere l’approfondimento, la riflessione e l’interpretazione narrativa della realtà condivisa all’interno di reti sociali.

Il 2 maggio scorso, il giorno dopo la beatificazione di Giovanni Paolo II, si è svolto in Vaticano il Vatican Bloggers Meeting, un incontro tra persone che operano in Rete scrivendo regolarmente in un blog. L’evento, organizzato dai Pontifici Consigli della Cultura e delle Comunicazioni Sociali, mirava a favorire un dialogo tra bloggers e rappresentanti ecclesiali per meglio comprendere le esigenze di questa particolare comunità, ascoltare il loro punto di vista e anche immaginare il loro ruolo nella vita della Chiesa. Ma che cosa sono i blog? Chi sono i bloggers? Perché questo incontro? Quali effetti ha avuto? Quali le prospettive?

Che cosa sono i blog?

Non è facile definire che cosa sia un blog. È infatti un sistema di pubblicazione on line che sfugge a classificazioni troppo rigide e va oltre le tecnologie da cui ha origine. Il termine blog di per sé non significa nulla. Esso è frutto della contrazione delle parole inglesi web e log: web, che significa «ragnatela» e sta per Rete, e log, che significa «diario» o anche «giornale di bordo»: la traduzione italiana di blog dunque potrebbe essere «diario in Rete». Questa è, in effetti, la definizione più semplice: uno spazio virtuale, autonomamente gestito, che consente di pubblicare una sorta di diario o, più in generale, contenuti di qualunque tipo che appaiono in ordine cronologico, dal più recente fino al più vecchio, e conservati in un archivio sempre consultabile. I contenuti possono essere arricchiti da collegamenti ad altri blog e ad altri siti all’interno di una fitta ragnatela di connessioni reciproche. Man mano che i nuovi materiali vengono inseriti, quelli più datati si posizionano più in basso fino a confluire nell’archivio settimanale, mensile o annuale.

Sin dal suo inizio, nel 1997, questa forma di espressione ha rivestito una doppia funzione: mettere on-line storie personali, riflessioni dell’autore, pensieri in forma di almanacco, per i quali la cadenza quotidiana dell’aggiornamento riproduce i ritmi della vita ordinaria; realizzare una forma di comunicazione diffusa dal basso, senza filtri di carattere economico o spaziale, che dia informazione e soprattutto faccia opinione, in genere «alternativa» rispetto a quella dei media più ufficiali. È necessario aggiungere che ogni contenuto immesso può prevedere il commento da parte dei suoi lettori, i quali quindi possono interagire direttamente con chi lo ha scritto e con gli altri lettori.

La dimensione diaristica e quella giornalistica in qualche modo risultano fuse tra loro. Il blog infatti vive a metà strada tra il giornale o la rivista e la comunicazione per passaparola. Tuttavia tutti i paragoni col giornale, con il passaparola e con il diario e altri ancora sono insufficienti: il blog può essere ciascuna e tutte insieme queste cose, ma è anche radicalmente «altro». Il blog è, a suo modo, anche un’opera narrativa, un romanzo epistolare, un saggio critico che non prevede la parola «fine» e così via. Il blogger, data la dimensione cronologica del blog, spesso finisce per affidare alla Rete non prodotti definiti o riflessioni concluse, ma il frastagliato e diseguale diario della propria storia intellettuale e, spesso, anche emotiva. Il blog insomma, utilizzando un’espressione del sociologo Clifford Geertz, è uno dei blurred genres, un «genere confuso» o, se vogliamo, più semplicemente, un nuovo genere espressivo. Nonostante siano stati scritti numerosi contributi per la comprensione del fenomeno, più che definire i blog, è possibile almeno discernere le sue tre dimensioni fondamentali, sempre compresenti e difficilmente separabili, ma con equilibri e in misura differente: la dimensione emotivo-espressiva, quella critica e quella informativo-giornalistica.

Perché un «meeting» di «bloggers» in Vaticano?

A questo punto si comprende come il blog sia un territorio di confine, quello nel quale forse è possibile riconoscere meglio le tensioni proprie della cultura contemporanea. Se la Chiesa oggi vuole confrontarsi con la cultura segnata radicalmente dalla comunicazione, non può trascurare il dialogo con i bloggers, che a volte sono veri e propri opinion leaders. All’appello lanciato il 7 aprile tramite il sito internet del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali hanno risposto 750 bloggers da tutto il mondo. I posti disponibili erano 150. L’annuncio dell’evento si è subito diffuso rapidamente in Rete generando commenti, riflessioni e anche iniziative spontanee di supporto e sostegno. Nella selezione dei partecipanti ha influito la rappresentanza delle aree linguistiche e un sorteggio in modo da garantire una certa varietà di presenza, anche di blog non esplicitamente cattolici o, in qualche caso, anche tendenzialmente critici con la Chiesa.

Il Meeting è stato suddiviso in due momenti1. I primi cinque bloggers, rappresentanti altrettante aree linguistiche, hanno offerto la loro testimonianza e la loro riflessione2. Ciò che è apparso chiaro dagli interventi è forse un elemento di fondo: il blog ormai è un genere che potremmo definire «classico». Ha 14 anni di vita e costituisce una forma di pubblicazione che abbina la scrittura costante di articoli di una certa ampiezza e, in genere, una scrittura rapida ma non banale alla condivisione propria delle odierne reti sociali. Comunicare infatti oggi significa sempre di più condividere all’interno di reti partecipative, e piattaforme quali Facebook, Twitter, YouTube, che stanno prendendo il posto di molti blog personali. Chi decide di aprire un blog oggi lo fa a ragion veduta, per scelta precisa. Il blog va consolidandosi come format che potremmo definire più «giornalistico». I cinque bloggers hanno testimoniato questa sorta di «maturità» del blog, interrogandosi anche sul loro ruolo di opinionisti capaci di esprimere una visione della realtà legata ai valori del Vangelo.

Nel secondo momento sono state chiamate a prendere la parola persone impegnate nelle strategie comunicative della Chiesa, che hanno presentato le loro esperienze di lavoro con i nuovi media3. Uno degli obiettivi, infatti, era quello di avviare un confronto tra la base dei bloggers e le persone impegnate più istituzionalmente nella comunicazione della Chiesa nei fronti della Sala Stampa, dei servizi internet, delle trasmissioni televisive e anche del sistema dei network sociali mobilitati per la prossima giornata mondiale della gioventù di Madrid.

Molti si sono chiesti quale sia il significato e lo scopo di un tale evento. Perché la Santa Sede ha organizzato un incontro del genere? Mons. Paul Tighe, segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, ha innanzitutto chiarito che «la blogosfera è una realtà libera, un luogo dove ognuno può dire ciò che pensa». Per cui lo scopo dell’iniziativa non era certo quello di esercitare un controllo o di dare nomi e indicazioni, ma di «ascoltare e incoraggiare il dialogo». «Personalmente sono convinto — ha proseguito — che, quando le persone si incontrano “faccia a faccia”, nasce una forma alta di dialogo»4.

La genesi dell’evento è stata raccontata dal dott. Richard Rouse, officiale del Pontifico Consiglio della Cultura, in alcune sue considerazioni introduttive. Egli ha ricordato come la recente assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura sia stato dedicato al tema «linguaggi e comunicazione». Il card. Gianfranco Ravasi ha quindi voluto dare una certa continuità a queste riflessioni su valori culturali e rapporti con le culture emergenti, che implicano anche un rinnovamento della pastorale della Chiesa. È apparso chiaro, dunque, che la comunità dei bloggers poteva essere un partner ideale per una tale riflessione. Ovviamente un tema del genere doveva essere sviluppato in collaborazione con il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, che ha portato una grande quantità di esperienza e competenza.

Prorpio il card. Ravasi, assente perché all’ultimo momento impedito per un impegno istituzionale, in una intervista alla Radio Vaticana ha affermato quanto sia importante «riconoscere la rilevanza di questo fenomeno, che, come si suol dire, viene proprio dal basso. Un fenomeno che tende, progressivamente, anche a interessare le grandi interpretazioni culturali, ma che soprattutto tende anche a insistere, a incidere nell’interno dell’orizzonte alto della Chiesa, della fede». Questo è stato il motivo che lo aveva spinto a desiderare che «la blogosfera diventasse in qualche modo una presenza anche nell’interno della cultura della Santa Sede, all’interno della stessa esperienza cristiana»5.

Mons. Claudio Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, nel suo intervento introduttivo ha confermato che l’iniziativa intendeva essere «una presa di coscienza ufficiale dell’esistenza e dell’importanza nella vita di oggi della “blogosfera”», e anche l’espressione del desiderio di «favorire e incrementare una certa relazione pervenendo a una qualche familiarità» con questo «mondo variegato, ricco, poliedrico che nasce dalla base e che ha una sua riconosciuta rilevanza anche nel movimento culturale del nostro tempo». Ha dunque precisato: «Non si tratta certo di un incontro di bloggers cattolici, anche se molti di voi si ispirano ai valori del Vangelo, ma vuole essere un momento animato soprattutto — Papa Benedetto ci invita ripetutamente a questo — da un dialogo rispettoso: un rispetto per le verità altrui pur nella consapevolezza di ciò che portiamo in cuore nella convinta e appassionata adesione al Cristo Signore»6. L’incontro dunque si pone chiaramente nella prospettiva di quel dialogo tra fede e culture che dà significato al lavoro dei due Pontifici Consigli che hanno organizzato l’evento.

Organizzare un Vatican Bloggers Meeting ha significato mettere in moto desideri e aspettative. L’evento vaticano aveva già sortito il suo principale effetto già prima del suo accadere, mobilitando risorse, energie, volontà di connessione e collaborazione. Sono stati creati spazi di confronto e aggiornamento su varie piattaforme di social network quali Facebook, Twitter, Delicious, Wikispaces… e tutto questo a partire dalla «base» e non come iniziativa vaticana o comunque ufficiale.

Alcuni effetti dell’incontro

Anche se non era stato dichiarato alcun obiettivo preciso e definito, tuttavia è chiaro che questo incontro ha prodotto alcuni effetti. Il primo, certamente, è stato quello di incoraggiare la presenza cristiana nella comunità dei bloggers. Il Meeting è stato una maniera per ribadire l’importanza della presenza cristiana nella blogosfera. Invitare i bloggers in Vaticano è un modo non solamente per riconoscerne la presenza, ma anche per confermarne il valore e il significato.

Il secondo effetto è stata una sollecitazione del dialogo tra la fede e le «culture emergenti». Il blog, in quanto forma espressiva e comunicativa, nasce dal basso. Le culture emergenti sono quelle che hanno una forte radice popolare e che si diffondono orizzontalmente imprimendo una spinta dal basso verso l’alto. Dare ospitalità in Vaticano a un tale evento ha significato riconoscere la rilevanza di questi fenomeni e incoraggiare il dialogo tra fede e cultura a questo livello. È un incontro dunque che ha avuto un significato che va anche al di là dei suoi stessi confini.

Un terzo effetto è stato quello di raggiungere l’ampia comunità on line. La Chiesa è dove ci sono gli uomini. E oggi gli esseri umani sono anche in Rete, che è sempre di più uno spazio antropologico. Il Vatican Bloggers Meeting ha riconosciuto questo spazio antropologico in maniera esplicita. Per questo il motivo dominante dell’incontro è stato l’ascolto e non solo dei bloggers cattolici.

E, infine, certamente è da sottolineare l’effetto di incremento della familiarità tra la Santa Sede come realtà istituzionale e la blogosfera. Come molti hanno riconosciuto, dunque, il Vatican Bloggers Meeting ha recepito il blog come una forma di effettiva rappresentazione dell’opinione pubblica. Da parte loro i bloggers hanno chiesto alla Chiesa di accogliere la loro interazione vivace, che non teme di adottare un linguaggio talvolta indipendente e anticonformista. Questo riconoscimento reciproco tra istituzione e comunicatori significa, più in generale, la consapevolezza che i media sociali e la Rete hanno cambiato il modo di definire la cultura e i canali attraverso i quali si esprime.

L’intervento di padre Federico Lombardi è stato forse quello che meglio ha chiarito questa dimensione. Facendo riferimento al documento conciliare Inter mirifica (nn. 8 e 14) e alla Communio et progressio (nn. 117-127), che è l’Istruzione per l’applicazione del documento conciliare sui media, il direttore della Sala Stampa Vaticana ha ricordato l’importanza dell’opinione pubblica nella vita della Chiesa. Il Magistero è chiamato a svilupparsi anche in dialogo con questa opinione pubblica dei fedeli nella Chiesa, e ciò vuol dire che «c’è anche un formarsi di un’opinione tra i fedeli che aiuta il formarsi del pensiero della Chiesa, in particolare nel dialogo con il mondo di oggi. Questo tema dell’opinione pubblica nella Chiesa — che è da approfondire e sviluppare — non è stato forse tanto sviluppato negli ultimi decenni. E io credo che la realtà dei blog sia un elemento che può entrare dinamicamente nello sviluppo di tale dimensione. Quindi c’è una responsabilità, per quanto riguarda la vita ecclesiale, di manifestazione del pensiero, di sua circolazione, di formazione dell’opinione che è importante per la Chiesa»7.

Il card. Ravasi, tracciando un bilancio dell’iniziativa sull’Osservatore Romano, ha affermato che essa ha risposto alla necessità di decifrare la mentalità contemporanea in modo che la Chiesa impari «a essere interattiva e non ancorata soltanto alla comunicazione di stampo piramidale, che è piuttosto estranea alla cultura del nostro tempo. Si può, così, superare una comunicazione soltanto unidirezionale, senza possibilità di dialogo e di scambio, destinata a lasciare un’impressione di rigidità e di autoreferenzialità»8.

Quale impegno per il futuro?

Di grande rilevanza è stato anche il modo in cui l’evento è stato gestito. Gli organizzatori sono stati attenti ai particolari, ma questo non ha significato un «controllo» rigido della situazione. Al contrario, nelle sue considerazioni introduttive, il dott. Richard Rouse, ha molto opportunamente affermato che cosa l’incontro non voleva essere e non invece che cosa esso realmente fosse, lasciando dunque uno spazio ampio a un evento che ha assunto la sua forma in presa diretta, live. Il Vaticano dunque ha assunto in maniera saggia il compito di «facilitatore» della blogging community. La sua funzione di leadership si è espressa sostanzialmente in maniera organizzativa, permettendo ad alcune figure di riferimento di emergere, supportando il confronto e il dialogo. Comportandosi da autorità sociale e «connettiva» ha saputo adeguarsi in maniera perfetta alla natura della Rete. Un aspetto molto importante dell’incontro è stato quello di offrire l’opportunità di nuovi contatti, di scambi informali tra i partecipanti e di apertura di nuove piste di interazione. Tutti hanno avvertito, semmai, la brevità dell’incontro che non ha permesso un ampio scambio. Del resto, come gli organizzatori hanno più volte messo in evidenza, si è trattato, comunque, di un primo passo. La discussione è comunque proseguita liberamente in gruppi linguistici  durante appuntamenti spontanei per la cena.

La scelta della data del 2 maggio, immediatamente successiva alla beatificazione di Giovanni Paolo II, non è stata casuale. Come ha ricordato mons. Tighe, il Papa appena proclamato beato «ha avuto un’attenzione particolare per il mondo dei media. Questo incontro vuole essere anche un modo per celebrare e ricordare il suo impegno per la comunicazione. Papa Wojtyła, in un certo senso, aveva già anticipato gli sviluppi dei new media». Nel 1990, infatti, già nell’enciclica Redemptoris missio aveva intuito che «le novità mediatiche non sono soltanto tecniche ma anche culturali. C’è un nuovo modo di rapportarsi, di condividere le notizie. E i bloggers sono tra coloro che stanno formando questa nuova cultura. Per questo vogliamo ascoltarli»9.

E il clima nella sala Pio X, sede dell’incontro, è stato davvero di grande entusiasmo, di ascolto e d’interesse intelligente. Il fatto che non ci fosse un programma rigido su temi e questioni da trattare, ma solamente un orario, una struttura di interventi, ha fatto sì che ciascuno sia venuto con tanti desideri ma anche con l’unica aspettativa d’incontrare altre persone, altri bloggers, probabilmente conosciuti già on line. Era palpabile il desiderio di uno scambio di esperienze, di visioni, di idee. Fra l’altro, come ho cercato di mettere in evidenza nella mia moderazione del secondo panel, il Meeting si è svolto su due piani integrati: il primo è stato quello degli interventi e delle domande, il secondo quello dei commenti simultanei che scorrevano costantemente sui monitor di computer e tablet dei presenti, costituendo una sorta di commento in diretta di ciò che avveniva. Infatti all’inizio del Meeting è stato ricordato che sarebbe stato possibile inviare, tramite Twitter, un sistema di micro-blogging rapido e conciso, commenti e aggiornamenti sui lavori che venivano svolti inserendo all’interno dei propri tweets la sigla (hashtag) #vbm11 creata precedentemente dalla base dei bloggers. In tal modo mentre i lavori si svolgevano, tutti i partecipanti hanno preso parte attiva alla dinamica dell’evento, rendendo partecipi di ciò che stava avvenendo anche chiunque volesse seguire l’evento dall’esterno. Va notato che il dibattito su Twitter e anche su un gruppo Facebook è iniziato con l’indizione dell’evento ed è proseguito anche successivamente senza arrestarsi e giungendo a originare migliaia di tweets. Del resto sono circa 17 milioni le pagine web che hanno riferito dell’evento. Questo dice quanto esso abbia risposto a una esigenza avvertita da molti.

Non sono stati presi impegni precisi per il futuro. Il Meeting non si è concluso con appuntamenti fissati. Ma è chiaro che proprio la mancanza di impegni definiti sta mobilitando la fantasia e sta creando in Rete un pullulare di idee e progetti nelle varie «piazze» virtuali. Dopo questo esordio ci saranno altri incontri? Pensando al futuro così si è espresso mons. Celli: «Dovremmo trovare un’altra formula e credo che i bloggers stessi potrebbero aiutarci a individuarla, dicendoci a che cosa sarebbero interessati, spiegandoci che senso potrebbe avere per loro incontrare di nuovo due organismi della Santa Sede o come questi momenti di incontro potrebbero ripercuotersi positivamente su altre realtà locali. Si potrebbero organizzare incontri locali o per gruppi linguistici. Abbiamo il desiderio di incontrarci di nuovo per ascoltarci ancora». Anche mons. Melchor Sánchez de Toca y Alameda, sottosegretario del Pontificio Consiglio della Cultura, nel suo saluto finale ha ribadito il compito di sostegno e incoraggiamento a iniziative che potranno partire dalla «base».

Infine, quale tipo di impegno giornalistico emerge da un evento come il Vatican Bloggers Meeting? La combinazione che in questo incontro si è realizzata tra il desiderio di ascolto e quello di un impegno attivo nella blogosfera ha delineato almeno implicitamente, un giornalismo on line inteso come luogo di partecipazione e costruzione di identità, capace, anche grazie ai networks sociali, di riunire comunità di interesse e di alimentare nuove forme dell’opinione pubblica consapevole e partecipe; un giornalismo con un valore aggiunto che va ben al di là della segnalazione o della produzione di notizie, ma che deve, in qualche modo, comprendere l’approfondimento, la riflessione, l’interpretazione narrativa della realtà.

Antonio Spadaro S.I.

A. SPADARO, IL “Vatican Bloggers Meeting», in La Civiltà Cattolica 2011 II 492-500.

@ La Civiltà Cattolica (reprinted with permission)

NOTE

1 I materiali più ufficiali dell’incontro sono disponibili sul sito del Pontificio delle Comunicazioni Sociali: http://goo.gl/H16f5

2 Il panel, moderato da Rocco Palmo (http://whispersintheloggia.blogspot.com), ha visto come relatori i bloggers: François Jeanne-Beylot (http://fjb.blogs.com), Andrés Beltramo (http://www.e-consulta.com/blogs/sacroyprofano), Elizabeth Scalia (http: //www.patheos.com/community/theanchoress), P. Roderick Vonhögen (http: //www.sqpn.com) e Mattia Marasco.

3 Il panel, moderato da chi scrive (http://www.cyberteologia.it), ha visto come relatori: p. Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa Vaticana e della Radio Vaticana, p. Lucio Ruiz, capo ufficio del servizio internet del Vaticano, Thaddeus Jones, coordinatore delle relazioni con le televisioni per i grandi eventi del Vaticano, Eva Janosikova, community manager del dipartimento delle comunicazioni per la Giornata Mondiale della Gioventù 2011, e don Marco Sanavio, direttore del servizio informatica della diocesi di Padova.

4 Intervista all’agenzia Sir: http://goo.gl/FKJ0i

5 In http://goo.gl/fCHpL

6 L’intervento è stato pubblicato nel sito http://www.pccs.va

7 In http://www.cyberteologia.it/2011/05/lintervento-di-padre-lombardi-al-vatican-meeting-for-bloggers/

8 G. Ravasi, «Tra Chiesa e bloggers un riuscito vis-à-vis», in Oss. Rom., 22 maggio 2011.

9 In http://goo.gl/FKJ0i

 

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