Nel mio post precedente ho reso disponibile un testo del poeta Wendell Berry che spiega i motivi per i quali non avrebbe comprato un computer.

Quel pezzo è stato scritto nel 1987, cioè 24 anni fa. Letto adesso ha ancora una sua attualità per le motivazioni che qualcuno potrebbe ancora condividere finendo per rifiutare per principio qualunque forma di rapporto con la tecnologia.

E’ ovvio che questo è un atteggiamento ideologico, oltre che impossibile. Anche se voglio scrivere a matita, devo chiedermi quale tecnologia ha permesso a quella matita di essere prodotta, raffinata e trasportata fino alla mia mano. Tuttavia è possibile scegliere di avere un rapporto minimale con le macchine, specialmente per quelle che aiutano a pensare, creare e avere relazioni umane. 

Le scelte di vita possono essere più o meno opportune. E tuttavia questa ci aiuta a riflettere su qualcosa di interessante. I computer al tempo di Wendell Berry che cos’erano? Era il tempo di MS-DOS 3.2. Era il tempo di Intel iPSC/2 e dell’Amiga 500 e dell’Apple IIe Platinum e così via. Dunque era il tempo del computer inteso pesantemente come “macchina”. Il computer era una “cosa” per fare “cose”, molto visibile in se stesso, molto staccato dalla vita, dalle abitudini, dal modo ordinario di fare le cose, di conoscere e di stabilire relazioni. Era il computer divoratore di energia e di risorse mentali. Apple con la sua interfaccia grafica aveva già aperto una breccia e indicato una direzione: le icone, la scrivania, l’orientamento basato sull’utente e non sulla macchina. Ma il computer era una “cosa” ingombrante.

E adesso? Se devo dire quel che penso, a mio avviso ancora oggi il computer è troppo una “cosa”. Ci sono abituato e una tastiera e uno schermo sono per me impossibili da sostituire, al momento. Ma so che non è così e non sarà così. Il computer continua ad essere un “oggetto” che richiede troppo la mia attenzione. Il contesto per me ideale al momento è il mio iPad: non un oggetto, ma una finestra sul mio mondo digitale, una soglia facile da attraversare, eco-logicamente compatibile con i vari contesti in cui vivo (e non solo con la mia scrivania). So che dovrebbe bastarmi quello ma attualmente non può essere così. Ma so che sarà così. Il computer deve essere sempre più invisibile, trasparente, ovvio, ordinario. Se devo pensare allo scrivere per l’ideale sarebbe andare dovunque e aver dietro solamente l’iPad.

Lo spazio digitale è chiamato ad essere uno spazio antropologico interconnesso in radice con gli altri della nostra vita. Invece di farci uscire dal nostro mondo per solcare il mondo «virtuale» la tecnologia tende a far entrare il mondo digitale dentro il nostro mondo ordinario. I media digitali non sono porte di uscita dalla realtà, ma estensioni capaci di estendere la nostra capacità di vivere le relazioni e scambiare informazioni. La Rete sempre di più tende a diventare trasparente e invisibile, tende esponenzialmente a non essere più “altro” rispetto alla nostra vita quotidiana. Del resto lo sappiamo bene: per essere “connessi” non c’è più bisogno di sedersi al computer, ma basta avere uno smartphone in tasca, magari con il servizio di notifica push attivato.

Ecco perché il computer “macchinoso”presto o tardi sparirà…

  1. Analía Josefina Bachanini says:

    En el post anterior comenté la experiencia de mis alumnos de escuelas de campo…pero me quedé pensando acerca de que sin la tecnología tampoco sería posible esta comunicación de ideas y posiciones que abren el horizonte hacia otras realidades. En resumen, lo fundamental es la vía de comunicación que se abre a través de los “objetos”. Estos deberían ser cada vez más un instrumento accesible y usable por todos, sin que la persona “desaparezca” detrás de su computadora. Se trata de sumar, incluir y revalorizar tanto los saberes precedentes como los que las nuevas tecnologías nos alcanzan, logrando armonía entre el uso de las cosas y la comunicación de ideas. ¡Bienvenidos los nuevos dispositivos cada vez más simples, accesibles y ecológicos!

  2. luca menini says:

    I computer oramai sono ovunque. Il concetto di PC del 1987 è già superato. Dove c’è un microprocessore c’è un computer.
    Il computer “macchinoso” e “ingombrante” è già sparito.
    Oggi siamo nell’era del “computer onnipresente”.
    Oggi anche la macchinetta che distribuisce bevande calde è un computer.
    La mia automobile è un computer. La lavatrice è un computer. Tra poco anche il frigorifero sarà in grado di ordinare la spesa da solo.
    Già oggi esiste una internet degli oggetti che si scambiano dati e interagiscono tra loro senza bisogno che un operatore umano si colleghi, apra un browser o lanci un’applicazione.

  3. Silvio says:

    …ed io che oggi vedendo due anziani passeggiare in un paesino qui vicino a Firenze mi son chiesto (dopo che son giorni durante i quali mi chiedo quale smartphone comprare):
    ed io arrivando a quell’età, quali saranno le mie priorità, non più computer smartphone tablet lettori mp3 etc…

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