E così il Vatican Meeting for Bloggers è entrato a far parte della storia. sì, della storia.

La storia è l’esperienza che prende una forma e una direzione. E credo che questo incontro abbia fatto confluire esperienze diverse e ha dato loro una forma.

Il clima nella Sala Congressi  del Palazzo Pio X era di palpabile “tranquilla eccitazione”. Gente che si conosceva in Rete ma non si era mai incontrata si è potuta abbracciare e salutare. Si avvertiva un grande desiderio di poter ascoltare ma anche di poter parlare. E questo desiderio è proseguito nella notte. Ho notato che non ero il solo che non riusciva ad addormentarsi e continuava a «twittare» nella notte…

No, lo ribadisco, non c’erano obiettivi rigidi da raggiungere. C’erano desideri da verificare. Nessuno sapeva bene cosa aspettarsi dall’incontro. Non c’era un programma rigido su temi e questioni da trattare, ma solamente un orario, una struttura per poter permettere uno scambio. E tutti son tornati a casa, a mio avviso, confermando i loro desideri e il loro impegno sul versante della comunicazione. Le parole del padre Lombardi riecheggiano ancora nelle menti e nei blog… «I blogger cattolici sono l’opinione pubblica nella Chiesa. Il magistero conciliare già prevedeva questa realtà». O ancora: «L’ego è un elemento problematico/significativo della realtà dei blogger. Lo vedo come un problema su cui riflettere anche dal punto di vista esistenziale. Io invece vivo il mio lavoro di comunicatore sulla parola servizio: sono un nemico totale… dell’ego… Nella comunicazione la dimensione del servizio al mio interlocutore è la chiave. E servizio alla crescita di una comunità umana nella democrazia, nel rispetto e nel dialogo».

Il primo panel ha registrato tutta la voglia di comunicare. Forse è stata data poca rilevanza all’ascolto, come qualcuno ha notato. Sembrava che la Chiesa fosse attenta ai blogs per desiderio di comunicare e non di ascoltare. Si tratta di una impressione che definirei irrealistica: si era lì per la prima volta e tutti sono stati vinti dal desiderio di celebrare una presenza. Forse troppo, ok. Ma a un certo punto la parola «ascolto» ha fatto breccia ed è stata ripetuta più volte fino alla fine dell’incontro.

La mia esperienza di moderatore del secondo panel, quello più istituzionale è stato very exciting, direbbero i miei amici anglofoni. La verità è che con le orecchie seguivo gli interventi e con gli occhi guardavo il twitter feed che si aggiornava ritmicamente e velocissimamente registrando gli umori, le idee, i pensieri, i feedback non solo di chi era in sala ma anche di gente che partecipava all’evento via internet come poteva. Non è stato un panel, ma una nuvola comunicativa che registrava le aspettative più importanti, le delusioni, le domande… moderare per me ha significato essere immerso in maniera responsabile dentro questa «nuvola» che non distraeva, ma al contrario concentrava l’attenzione sui significati.

Non ci sono impegni fissi per il futuro. Il meeting non si è concluso con appuntamenti precisi. Se accadrà di incontrarsi ancora, magari a diverso livello, sarà in maniera diversa. Magari, ad esempio, dando la parola ai bloggers per interventi e domande e avere come relatori persone chiamate a interagire in modo dinamico con risposte o rilanci di idee o domande. Ma comunque è chiaro che proprio la mancanza di impegni definiti sta mobilitando la fantasia e sta creando in Rete un pullulare di idee e progetti… Il meeting prosegue in Rete, certamente.

 

  1. Claudia Mancini says:

    Che la questione “God on Blog” sia tanto affascinante, quanto aperta, credo sia un dato chiaro. Tuttavia, trovo un interessante traguardo, non-traguardo, leggere qui: “credo che questo incontro abbia fatto confluire esperienze diverse e ha dato loro una forma”. A proposito di forma e sostanza, mi piacerebbe sapere quali siano, allo stato attuale, i “requisiti” perché un blogger si possa dire cattolico. A mio parere, una prima distinzione dovrebbe essere fatta tra blog e blogger. Brevemente, intendo dire, che un blog “corale” nel quale interagiscano più voci e, almeno una di queste voci sia una voce di riferimento autorevole ed “autorizzata” ad esprimersi sul magistero della Chiesa, per me è, sì, un blog cattolico, composto da bloggers cattolici, con carismi differenti. Naturalmente, il discorso vale anche nel caso in cui, l’unico blogger, sia anche la voce “autorevole ed autorizzata”. La stessa evidenza, invece, non me la suscita, un blog di un solo blogger cattolico laico. Ho visitato alcuni di questi che, anche con un certo successo rientrerebbero tra i bloggers cattolici, ed ho trovato molto rischioso vedere come ci si azzardi ad affrontare temi “caldi” per la fede per poi rispondere nei “post”, agli intercultori, o in maniera assolutamente personale, a volte personalistica, se non addirittura pontificando, magari dietro voci impersonali quali “admin”. Tutto questo non lo definirei un blogger cattolico. Lo definirei: il blog di una persona che si professa anche cattolica. Per me, c’è differenza. E’ chiaro che ciascuno è libero di scrivere ciò che vuole sul proprio blog, meglio ancora se condivide la propria esperienza di fede; ma il rischio, per me, è tutto nell’interazione con gli interlocutori che, spesso, sono disorientati nel capire se a rispondere loro è il blogger o la Chiesa Cattolica. In virtù della radice comune che hanno, per la mia modesta opinione, la comunicazione sulla fede, anche nella Rete, dovrebbe sempre avvalersi dell’apertura alla dimensione del fare comunità. Muoversi non sul registro del “io” verso un “tu”, “ma del “noi” verso l’Altro. Grazie.

  2. Berlicche says:

    Posso dire di non essere per niente d’accordo con Claudia Mancini?
    Il web non è nient’altro che la prosecuzione della realtà con altri mezzi. Un uomo è cattolico perché è battezzato. Sono cattolico perché aderisco alla Chiesa Cattolica, cioè credo alle verità di fede che essa proclama. Neanche i Vescovi sono autorizzati a parlare a nome della Chiesa cattolica, se non in particolare circostanze. Se il mio parroco mi dice qualcosa a nome della Chiesa probabilmente è autorevole, ed è autorizzato nella misura in cui ripete le cose che la Chiesa universale dice. Se lo dice un blogger (che potrebbe anche essere il mio parroco) l’autorevolezza la misuro da quanto altro ha scritto nel blog, e sempre dal confronto con quanto dice il Magistero. Se sbaglia ci saranno correzioni, come ci possono essere correzioni per articoli di riviste o giornali. “Civiltà Cattolica” non può dettare una linea teologica come non lo può un blog.
    Allo stesso tempo, però, la responsabilità di “portare la speranza” ce l’ho io. Sono io che debbo cercare e scrivere e correggermi ed essere corretto. E’ sbagliato atteggiarsi, certo, è chiaro, come sono sbagliati tutti i personalismi; ma la realtà è un rischio perché siamo liberi, e noi siamo tenuti a rischiare la nostra libertà nella realtà. Ci è stata data per questo.
    La realtà è una continua verifica. Se sono disorientato approfondirò, e magari scoprirò che il blogger “cattolico” ha sparato una cavolata. Succede. Un “bollino” non esime dalla responsabilità di pensare, ragionare, confrontare…sbaglairsi. La fede non vuol dire creduloneria. Specialmente in rete.

    Aggiungo solo una notazione: in passato ho partecipato ad altri incontri di blogger cattolici (ovviamente non “istituzionali”) e mi ha sempre colpito il clima di entusiasmo e di tranquilla familiarità che si instaurava. Come del resto accade a chi si trova in Piazza S.Pietro accanto a gente di altri nazioni durante un evento. E’ il riconoscimento di appartenere ad un popolo.

  3. Claudia Mancini says:

    Ringrazio Berlicche per la risposta. Ecco, direi, che mentre Lei dà per acquisito che l’interlocutore di un blogger faccia tutto quel processo di discernimento tra ciò che dice il blogger e il Magistero della Chiesa, io temo, invece, che molti identifichino direttamente l’uno con l’altro o che, comunque, molti bloggers siano equivoci nel far passare i loro messaggi come voce della Chiesa Universale. Per questa ragione, quindi, chiedevo se, durante il Meeting, ci si era interrogati su questo problema ed, eventualmente, su come poter risolverlo. Molto semplicemente, se tra i tanti che volevano partecipare al Meeting, ne sono stati scelti 150 (ed io faccio parte di uno di questi, quindi, non pensi voglia far polemica), credevo fosse importante, anche per trasparenza, far conoscere i criteri in base a quali erano stati scelti, affinchè questo potesse servire da orientamento nel labirinto dei bloggers cattolici. Se diamo un nome alle cose, poi, diamo anche un concetto. Poi, come avevo scritto, è chiaro che ciascuno ha la libertà e la responsabilità di condividere la propria esperienza di fede, ma il blog si basa sull’interazione e, quindi, la responsabilità si ha innanzitutto verso gli Altri; io non sono certa che un blogger, in caso dia messaggi equivoci, sia corretto (da chi?) o capace di correggersi da solo. E’, per questo, che la dimensione “corale” e “comunitaria” di chi scrive su un blog, la vedo molto più capace di esprimere quella che Lei chiama ” appartenenza ad un popolo”, di quanto lo sia un blog mono-voce, mono-esperienza, mono-responsabilità. Solo per la mia modesta opinione, che tale resta, “un blog cattolico” dovrebbe prima vivere al suo interno la dimensione della comunità, del confronto e dell’appartenenza ad un popolo, per poi poterla e volerla comunicare anche all’esterno.

  4. Claudia Mancini says:

    Grazie, Padre Spadaro. Ho chiarito, sicuramente, alcuni miei dubbi. Sono consapevole, del resto, che una sfida di questa portata si può alimentare solo di dubbi che generano risposte che, a loro volta, generano altri dubbi perchè, come scrive Lei, “si pone in un territorio rischioso perché non facilmente etichettabile e molto facilmente criticabile (e dunque a rischio di fraintendimenti)”. Speriamo che questo circolo di dubbi e risposte, sia un circolo virtuoso.

  5. Berlicche says:

    Per Claudia Mancini: Se tu dici “non sono certa che un blogger, in caso dia messaggi equivoci, sia corretto (da chi?) o capace di correggersi da solo”, io sono invece certo che difficilmente lo sarà. E’ il peccato originale; e il web non è differente dal resto della realtà, solo, in un certo modo, più visibile. Che un cristiano sia da solo vuol dire che c’è già qualcosa che non va. Ma il fare parte di un “gruppo”, o di una piattaforma, un collettivo, non per questo dà garanzie. Ho scritto e scrivo in blog “comunitari”, ma se voglio perseverare nell’errore nessuno mi può impedire di farlo. Il gruppo stesso può essere in errore…
    E quindi mantenersi vigilanti, e pregare, e confrontarsi e cercare le risposte e valutarle con l’esperienza, quando arriveranno.

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