Riporto l’intervento di mons. Paul Tighe, Segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali dal titolo «La comunicazione dei giovani all’epoca dei media sociali» tenuto presso il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum il 14 aprile 2011.

Oggi il confronto tra le generazioni sembra essere determinato soprattutto da un’accelerazione tecnologica che impone un diverso “linguaggio”, o meglio un diverso modo di esprimersi, ma anche una differente cultura. Quelli che noi chiamiamo “nuovi” media, sono per voi l’habitat normale all’interno del quale vi muovete con estrema naturalezza e intuizione immediata. Parliamo di “divario digitale”, utilizzando questo distacco tra due realtà, ma in passato anche i vostri padri, da giovani, hanno vissuto la medesima situazione trovandosi di fronte ad opportunità che i loro genitori non avevano avuto. Oggi tutto questo è amplificato e ci troviamo davanti ad una nuova epoca che ha, per così dire “superato” i progressi di anni, per portarci in un solo istante alle soglie di un “nuovo mondo”.

In tutto questo proliferare di tecnologia e nuovi input, il denominatore comune nelle vostre abitudini quotidiane resta sempre e comunque la comunicazione. Questo fate quando vi collegate ad Internet, chattate, entrate nei forum, inviate sms: comunicate, rispondendo ad un bisogno innato che è dentro di voi dalla nascita, il bisogno di fare amicizie, creare comunità, per condividere voi stessi e il vostro mondo. Naturalmente tutto questo oggi si realizza attraverso gli strumenti tecnologici che, appunto, per voi sono normali. Per noi, quegli stessi strumenti hanno il valore di un vero e proprio “dono”, concesso all’umanità per approfittare delle innumerevoli potenzialità che ne derivano. Papa Benedetto XVI, nel 43° Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali pone l’accento su questo concetto quando afferma “Tali tecnologie sono un vero dono per l’umanità”. Se, dunque, per voi questa connessione con il mondo è scontata, per noi è miracolosa e siamo desiderosi di esplorare la vostra galassia per imparare il vostro linguaggio e il vostro stile di comunicazione. Stiamo lì, con gli occhi spalancati sulle meraviglie, ma portandoci dietro il nostro bagaglio di esperienza in “umanità”.

E allora ci accorgiamo che voi siete i maestri in questo universo tecnologico e vogliamo imparare da voi, con quello stesso entusiasmo con cui vogliamo condividere insieme a voi l’aver sperimentato quanto fondamentale sia una comunicazione umana che non si fermi alla “connessione”, ma contempli la fisicità e la vicinanza per far nascere la vera amicizia, quella che è alla base del nostro desiderio di connessione.

Nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2009, Papa Benedetto XVI affermava: “Il concetto di amicizia ha goduto di un rinnovato rilancio nel vocabolario delle reti sociali digitali emerse negli ultimi anni. Tale concetto è una delle più nobili conquiste della cultura umana. Nelle nostre amicizie e attraverso di esse cresciamo e ci sviluppiamo come esseri umani. Proprio per questo la vera amicizia è stata da sempre ritenuta una delle ricchezze più grandi di cui l’essere umano possa disporre. Per questo motivo occorre essere attenti a non banalizzare il concetto e l’esperienza dell’amicizia.”

Per costruire questa amicizia di cui ci parla il Santo Padre abbiamo imparato che occorre tempo, pazienza, che occorre intimità. Ne “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry c’è un bellissimo dialogo del principe con la volpe, un dialogo che illumina sul significato dell’amicizia, della vicinanza tra gli esseri viventi: “Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. … se tu vuoi un amico … bisogna essere molto pazienti … in principio ti sederai un po’ lontano da me …io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino …”.

Vi invito a leggerlo, perché in esso è ben rappresentato il senso dell’intimità, indispensabile per creare un vero rapporto di amicizia. E anche il silenzio, questo silenzio così difficile da trovare oggi, nel quale spesso si manifesta la voce di Dio. Infatti, secondo la nostra tradizione cristiana, questo desiderio di connessione nasce dal fatto che siamo stati creati a immagine di Dio, un Dio che si rivela a noi in tre persone, Padre, Figlio e Spirito Santo, un Dio che è amore. L’amore, infatti, è al cuore di Dio e il nostro desiderio innato di connessione è in fondo il desiderio di contatto con l’Altro. È per questo che Sant’Agostino afferma “Signore, tu ci hai fatti per te, e il nostro cuore non trova riposo finché non riposa in te” (Confessioni I,1).

Secondo la tradizione, il silenzio e la solitudine sono sempre stati luoghi privilegiati per incontrare Dio. Chiedo dunque a voi, così abituati a questo “nuovo mondo di connessione” di pensare cosa può significare oggi la parola silenzio, cosa significa essere solo, in quale angolo del cyberspazio è possibile trovare un luogo per la meditazione, per la comprensione di noi stessi e l’avvicinamento a Dio.

Qui a Roma siamo circondati da chiese bellissime, ma è importante ricordare che la Chiesa non si può ridurre né a un edificio né a un’istituzione. La Chiesa è prima di tutto il popolo di Dio radunato da Cristo. La parola “Chiesa”, “ekklèsia”, deriva infatti dal greco “ek-kalein” – “chiamare fuori” e significa “convocazione”. Più propriamente designa l’assemblea del popolo, generalmente di carattere religioso (Cf. At 19,39), mentre nell’Antico Testamento greco indica l’assemblea del popolo eletto riunita davanti a Dio. Pertanto, definendosi “Chiesa”, la prima comunità di credenti in Cristo si riconosce erede di quell’assemblea e in essa Dio “convoca” il suo Popolo da tutti i confini della terra. La Chiesa è pertanto una comunità che vive della comunicazione.

Le chiese manifestano dunque nelle varie epoche il desiderio dell’uomo di offrire a Dio una costruzione che rappresenti le potenzialità umane che si esprimono attraverso l’architettura, la pittura, la musica, la scultura e la bellezza. Il momento più alto di questa fioritura artistica è stato senza dubbio il Rinascimento.

L’Umanesimo e il Rinascimento sono stati per l’Europa tappe significative di una profonda evoluzione artistica e culturale. Alcune figure hanno incarnato la nuova consapevolezza che l’uomo ha imparato ad avere di se stesso. Tra queste certamente Leonardo, Michelangelo, ma anche Gutenberg, che con la stampa a caratteri mobili sconvolse la diffusione del sapere e la circolazione delle informazioni. E sapete bene quale è stato il primo libro stampato in Europa con la nuova tecnica: La Bibbia. Ciò rappresenta l’ennesima prova che la Chiesa è sempre chiamata ad essere aperta alle conquiste del progresso umano.

Vi invito, dunque, a riflettere su questo tempo che state vivendo, su quest’epoca in cui voi, generazione digitale, siete parte di questo sviluppo veloce ancora in atto. Oggi può rinascere quello stesso spirito che spinse i nostri illustri predecessori a costruire la Cupola di San Pietro, a stampare la Bibbia, a scrutare il cielo per gettare le basi della teoria eliocentrica. Oggi voi potete costruire “chiese”, usando i vostri doni, usando la vostra conoscenza della tecnologia.

Oggi potete essere voi i protagonisti della rinascita umana e concludo con le parole del Santo Padre rivolte proprio a voi, a voi giovani, geni e creatori del nuovo Rinascimento: “Il cuore umano anela ad un mondo in cui regni l’amore, dove i doni siano condivisi, dove si edifichi l’unità, dove la libertà trovi il proprio significato nella verità e dove l’identità di ciascuno sia realizzata in una comunione rispettosa. A queste attese la fede può dare risposta: siatene gli araldi! Il Papa vi è accanto con la sua preghiera e con la sua benedizione.” (43° Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 2009).

 

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