di Isabella Ducrot

Nel 1857 Jean-François Millet dipinse L’Angelus. Vi sono rappresentati due agricoltori, un uomo e una donna, raccolti in preghiera perché è l’ora dell’antica orazione che ricorda il saluto dell’angelo a Maria; gli strumenti posati per terra indicano che per quel giorno il lavoro è finito ma anche che in quel momento sta avvenendo qualcosa che conviene celebrare con un atto di devozione. Infatti ai due contadini fa da sfondo una campagna al crepuscolo; tra poco la luce del sole si ritirerà da quei campi. Il quadro rappresenta allo stesso tempo il fatto naturale, un paesaggio campestre all’ora del tramonto, e quello culturale, due persone in atteggiamento di preghiera.

Sembra che l’artista desideri enfatizzare la relazione tra i due fatti: la coppia che prega rivela la pratica di un’abitudine religiosa alla cui osservanza i due sono stati probabilmente iniziati sin dalla prima infanzia; ma anche quanto la condizione di chi lavora la terra favorisca la partecipazione a quell’evento quotidiano durante il quale scompare la luce rispetto a chi vive in città. Una ventina d’anni dopo, verso il 1875, l’illuminazione elettrica nelle città e poi nelle campagne causò un radicale cambiamento nella vita quotidiana del mondo occidentale. Nel mondo nuovo il senso del quadro di Millet rischiava di disperdersi. Le strade, le abitazioni, i luoghi pubblici furono a poco a poco illuminati dalla luce artificiale, e l’eterno ritirarsi di quella naturale non preannunziò più la consegna degli uomini allo sbigottimento e alla paura del buio.

Per la prima volta nella storia uomini, donne e bambini a causa di questa scoperta scientifica sono stati inconsapevolmente portati a trascurare il fenomeno naturale durante il quale la luce si ritira e l’oscurità avanza, fenomeno che fino ad allora li aveva predisposti verso una forma di spiritualità spontanea. All’uomo improvvisamente moderno bastò girare un interruttore di porcellana perché quel timore e tremore che nasceva all’avanzare della notte si attenuasse. La permanenza della luce grazie all’elettricità lo rese meno smarrito. L’interruttore accendeva la luce elettrica ma spegneva contemporaneamente lo stato naturalmente religioso dell’uomo nel buio. Si affievoliva quell’andamento dell’anima che, al sopravvenire dell’oscurità e in mancanza della funzione distraente della vista, tendeva in passato a ricorrere all’ascolto della propria ricchezza interiore.

Quante domande sul destino umano sono state pensate alla flebile e incerta luce di una candela, quanti viandanti, pastori e naviganti si sono rivolti in termini poetici ai raggi pur freddi della luna! L’ombra rendeva gli uomini sospettosi di essere preda facile di agguati, minacce, trabocchetti, e l’anima invocava spontaneamente l’aiuto e la misericordia dell’onnipotenza divina.

Negli uffici illuminati a giorno dall’elettricità si continuano a battere i tasti dei computer mentre fuori il sole tramonta e gli spettatori nelle sale cinematografiche, inconsapevoli di aver mancato il vero spettacolo, ammirano un tramonto sullo schermo mentre fuori la luce del giorno si ritira misteriosamente. Fuori, strade, vetrine e ristoranti risplendono di luce elettrica incuranti del cielo stellato. Ora è sempre giorno. Spesso i contadini oggi abbandonano la terra che hanno coltivato per secoli e appena possono corrono verso le città dalle notti illuminate per ragioni unicamente economiche. Forse privi del supporto di formule ripetitive come le preghiere non riescono ad affrontare impunemente la struggente malinconia del tramonto. Un poema persiano ricorda quanto sia doloroso il calare del sole in campagna, e che è necessario un cuore ben saldo per sopravvivere al lento spegnersi della luce.

L’elettricità ha interferito nella disposizione di tutte le culture e civiltà ad affrontare in modo spirituale lo sconforto dell’oscurità: dall’aereo viaggiando di notte si vedono dall’informe fondo nero emergere gli infinitamente piccoli nuclei luminosi delle città. Gli abitanti di quei lontani agglomerati luminosi forse pregano meno. Forse coloro che abitano sperduti villaggi pregano di più. Se poco di religioso sussiste oggi nel mondo potremmo domandarci cos’è il religioso se non anche ciò che è tenuto vivo da forme di partecipazione sensibili alle scansioni temporali della giornata.

In India, dove la vita quotidiana specialmente nelle campagne è scandita da rituali religiosi, la convivenza con il sacro dei suoi abitanti, naturale o meditata, è ancora molto percepibile a un occidentale. Sul monte Abu, nel Gujarat, la gente verso l’ora del crepuscolo si raduna in un luogo collinare fuori dell’abitato esposto a ovest. Si affrettano gruppi, famiglie intere, bambini tenuti per mano da nonne e zie, le mamme con i neonati in braccio, gli uomini altrettanto partecipi, per sedersi su panche di legno; si preparano così ogni sera in silenzio a celebrare il tramonto. L’attesa è pacifica e carica di una tranquilla religiosità. La definitiva scomparsa del sole è celebrata da un lungo applauso mentre il cielo piano piano si inonda di rosso e la cerimonia dopo l’attesa si trasforma in una festa quieta. La notte avanza senza essere violata dai pochi fanali lungo la strada. Le voci della sera risuonano al buio e poi si spengono.

(articolo apparso su L’Osservatore Romano, 9 febbraio 2011)

  1. Gabriella says:

    Stupenda analisi su cui non avevo mai riflettuto. Che il senso religioso derivasse anche dalla naturale alternanza del giorno e della notte, lo acquisisco ora da questo articolo ch intenso ed emotivamante calibrato.

  2. gdb says:

    Semplicemente stupendo! Come leggere, in un articolo, una miriade di sentimenti che l’uomo ha vissuto e vive, come abituare la mente a pensare aldilà del nostro semplice essere uomini! Poesia religiosa pura, quasi salmo!

  3. Raffaele says:

    All’imbrunire mio nonno radunava tutta la famiglia nel cortile d’estate e si recitava il rosario. Allora in campagna c’era il lume a petrolio per illuminare le stanze e per risparmiare, subito dopo cena si andava a letto. La vita in campagna era scandita dall’alternanza luce buio. Il lavoro quotidiano finiva col finire del giorno e cominciava il riposo guadagnato e il piacere della condivisione di vita con i familiari. Si percepiva con maggiore intensità il bisogno di curare l’anima, di rivolgersi a ringraziare Chi provvedeva a rendere fertili la nostra stessa esistenza.
    Oggi è arrivata la luce elettrica il benessere e non si avverte più il bisogno di ringraziare il Padre per la fertilità che tutti i giorni ci concede.

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