La «navigazione» sul web è una via ormai ordinaria per la conoscenza. Oggi accade sempre più spesso che, quando si ha la necessità di una informazione, si interroghi la Rete per avere la risposta da un motore di ricerca come Google, Bing o altri ancora. Internet sembra essere il luogo delle risposte. Esse però raramente sono univoche: la risposta è un insieme di link che rinviano a testi, immagini e video. Ogni ricerca può implicare una esplorazione di territori differenti e complessi dando persino l’impressione di una certa esaustività. Quale fede troviamo in questo spazio antropologico che chiamiamo web?

Digitando in un motore di ricerca la parola God oppure anche religion, spirituality, otteniamo liste di centinaia di milioni di pagine. Nella Rete si avverte una crescita di bisogno religioso che la «tradizione» sembra faccia fatica a soddisfare. L’uomo alla ricerca di Dio oggi avvia una navigazione. Quali sono le conseguenze? Si può cadere nell’illusione che il sacro o il religioso siano a portata di mouse. La Rete, proprio grazie al fatto che è in grado di contenere tutto, può essere facilmente paragonata a una sorta di grande supermarket del religioso. Ci si illude dunque che il sacro resti «a disposizione» di un «consumatore» nel momento del bisogno.

In tale contesto occorre però considerare un possibile vero e proprio cambiamento radicale nella percezione della domanda religiosa. Una volta l’uomo era saldamente attratto dal religioso come da una fonte di senso fondamentale. L’uomo era una bussola, e la bussola implica un riferimento unico e preciso.

Poi l’essere umano ha sostituito nella propria esistenza la bussola con il radar, che implica un’apertura indiscriminata anche al più blando segnale, e questo, a volte, non senza la percezione di «girare a vuoto». L’uomo però era inteso comunque come un «uditore della parola», alla ricerca di un messaggio del quale sentiva il bisogno profondo.

Oggi queste immagini, sebbene sempre vive e vere, reggono meno. L’uomo, da bussola prima e radar poi, si sta trasformando in un decoder, cioè in un sistema di decodificazione delle domande sulla base delle molteplici risposte che lo raggiungono. Viviamo bombardati dai messaggi, subiamo una sovrainformazione, la cosiddetta information overload. Il problema oggi non è reperire il messaggio di senso ma decodificarlo, riconoscerlo sulla base delle molte risposte che riceviamo. La testimonianza digitale diventa sempre di più un «rendere ragione della speranza» (1 Pt 3,15) in un contesto in cui le ragioni si confrontano rapidamente e «selvaggiamente». A farsi largo è il classico meccanismo della pubblicità, che offre risposte a domande che ancora non sono state formulate. La domanda religiosa in realtà si sta trasformando in un confronto tra risposte plausibili e soggettivamente significative.

La grande parola da riscoprire, allora, è una vecchia conoscenza del vocabolario cristiano: il discernimento. Le domande radicali non mancheranno mai, ma oggi sono mediate dalle risposte che si ricevono e che richiedono il filtro del riconoscimento. La risposta è il luogo di emersione della domanda. Tocca all’uomo d’oggi, dunque, e soprattutto al formatore, all’educatore, dedurre e distinguere le domande religiose vere dalle risposte che lui si vede offrire continuamente. È un lavoro complesso, che richiede una grande preparazione e una grande sensibilità spirituale.

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